Quello che mi ha sempre colpito dei vari racconti di viaggio sono gli accenti su aspetti che, pur conoscendo bene la realtà del luogo raccontata, a me non avevano colpito affatto o forse non avevo semplicemente incontrato. Meccanismo ovvio, ma complesso allo stesso tempo; forse è impossibile raccontare fedelmente ed in modo imparziale la realtà di un territorio.
Non ci proverò nemmeno. Del mio recente viaggio, senza meta predefinita a zonzo per l’Italia, racconterò solo alcuni aspetti per me sorprendenti per contrasto.
Spesso ho letto del “modello umbro” come di un isola felice per qualità della vita e per rispetto ambientale, tanto da immaginarmela diversa di quanto in realtà ho visto e toccato con mano. Il biglietto da visita della Regione Umbria è stato la E45 che parte da Cesena e attraversa tutta l’Umbria, verso Sud. Una specie di superstrada con carreggiate strettissime, senza corsie d’emergenza, piena di buche e con alcuni semafori per l’attraversamento di gallerie a senso unico alternato che – mi hanno detto – lì, immoti da anni.
Sfortunatamente buona parte di questa strada l’ho fatta sotto la pioggia il che mi ha fatto apprezzare i pneumatici a profonda scolpitura, tipo “Mud Terrain”, del mio 4×4. Ciò non ha comunque impedito frequenti episodi di acquaplaning, nonostante la bassa velocità. Pessima esperienza, ma presto mi sono abituato. Condizioni analoghe del fondo stradale, con pezze, buche e scalini sono comuni per tutta l’Umbria, tanto che le condizioni di queste strade si potrebbero trasportare tranquillamente in Romania, dove si integrerebbero perfettamente. Vengo però ripagato da paesaggi collinosi, con architetture di centri abitati gradevoli e rilassanti. Visito così Perugia, Assisi, Spoleto e Todi. Quest’ultima è considerata da una università americana come “la città più vivibile al mondo”. Bella, arrampicata su una rocca, circondata da tre cinte murarie, con una architettura un po’ cupa, ma affascinante, di epoca medioevale. Ricca di monumenti e palazzi interessanti. Quello che colpisce – in negativo – è però il traffico. Nelle viuzze strette del centro storico circolano tranquillamente ogni genere di veicoli, rendendo disagevole la vita del turista che – perennemente con il naso all’insù – deve pure guardarsi attorno con attenzione per evitare di venire arrotato. Rovinata da un traffico urbano caotico e fuori luogo. Gli altri centri – salvo piccole isole pedonali, a traffico interdetto solo per i non residenti – seguono il medesimo schema. Stride così il clima di profonda spiritualità di Assisi con i molti Schumacher locali intenti a schivare i turisti per le vie del centro storico. Pure mi ha indispettito il fatto che ho dovuto lasciare il mio cane fuori dalla Basilica di San Francesco, caspita!, non è forse il santo patrono degli animali?
Questo il “modello umbro”, con importanti strade di comunicazione completamente sfasciate, cantieri abbandonati e centri storici invasi dalle automobili. Mi sarei aspettato – da una regione “rossa” per eccellenza – medesima attenzione per l’ambiente delle tanto strombazzate propagande ecologiste, in difesa di una idea di crescita sostenibile e non questa trascuratezza e mancanza di rispetto per luoghi che – trasportati ad altre latitudini – sarebbero considerati dei monumenti a cielo aperto.
Poi via. Quattro accelerate e sono in Sicilia a godermi storia e mare. Per quanto riguarda la condizione delle strade la situazione è migliorata rispetto ad anni fa, ma la manutenzione lascia parecchio a desiderare e quello che colpisce sono la quantità di immondizie presenti ai bordi. Una sola volta ho scorto due operatori che, con sacco nero, raccoglievano a mano i rifiuti. Scene simili le ho viste solo in Tunisia, ma almeno lì c’erano più uomini ed erano pure dotati di guanti. Quelli che ho visto in Sicilia no. Sulle statali interne le erbacce presenti ai bordi invadono buona parte della carreggiata, restringendola e aumentando il pericolo di incendi. Pure lascia perplessi la notevole quantità di motociclisti – ad onor del vero in numero inferiore rispetto anni fa – che girano senza casco; in due, tre o addirittura in quattro sullo stesso scooter. Inusuale per altre latitudini è pure l’abitudine di conversare amabilmente con altri pedoni o automobilisti, piantando l’automobile in mezzo alla strada, incuranti di bloccare il traffico. Episodi che non si verificano nemmeno a Tripoli. Ma il vero scandalo è rappresentato dalle coste. Bagnate da un mare meraviglioso sono sommerse di rifiuti. Tutta la zona di Portopalo di Capo Passero, Isola delle Correnti e zone limitrofe sono in condizioni scandalose. Abusivismo edilizio e vere e proprie discariche a cielo aperto rendono deprimente l’esperienza del turista. Alcune case sono costruite a ridosso della spiaggia, con tanto di recinzione che arriva fino a pochi metri dal bagnasciuga, impedendo l’accesso alla spiaggia. Un patrimonio naturalistico violentato fin nella protetta riserva di Vendicari, anch’essa non esente da cumuli di rifiuti.
A dispetto delle nuove tendenze e delle campagne pubblicitarie per la sensibilizzazione contro l’abbandono degli animali, sconsiglio vivamente di visitare la Sicilia con gli amici a quattro zampe al seguito. Il fermo “no” è d’abitudine in qualsiasi struttura alberghiera o ristorante. Spesso alcuni si trincerano dietro il finto alibi che alcuni clienti sarebbero allergici al pelo degli animali. Scusa plausibile per un alloggio di un albergo con arredi ricercati, tappeti preziosi e moquette, ma anche questo fosse il caso una buona pulizia porrebbe rimedio. Come si conviene in qualunque prestigioso albergo. In un ristorante, invece, già ad un tavolo di distanza il problema non ci sarebbe. Quand’anche qualcuno soffrisse di una allergia così violenta non potrebbe neppure passeggiare per strada. Mi è stato negato l’accesso pure ad un ristorante con ampio spazio all’aperto, “Al Palmento” di Pachino, per “motivi igenici”; mentre oltre strada campeggiavano abbandonati sacchi di rifiuti.
Comportamenti di questo tipo denotano profonda ignoranza e sono tipici di zone rurali e sottosviluppate, assolutamente inesistenti in tutta Europa centro-Nord e nei Paesi più civilizzati. Evidentemente in alcuni territori la coscienza non si è ancora evoluta e non viene colta la differenza tra animali d’affezione e quelli di cortile o da lavoro. Peccato, perché basterebbe poco. Non servono nemmeno strutture dedicate, basterebbe il buon senso da parte di chi ospita (che fortunatamente seppur in rari casi ho incontrato anche in Sicilia) e l’educazione di chi gira con il suo amico a quattro zampe. Ma se il turista si prende la briga di portarsi dietro il proprio amato cane, è improbabile che questa qualità gli manchi.
24 agosto 2010
La mia Cindy!!!
Nostra, prego…