CON L’ELMETTO A SANREMO

Sanremo, evento frivolo che ha bisogno di polemiche per alimentare se stesso e dare risonanza a delle canzonette che sono quello che sono: canzonette, appunto. Non musica colta o clandestina, di protesta o di corrente culturale. No, solo canzonette. Belle o brutte, da sentire – non ascoltare – mentre si lavano i piatti o si è fermi al semaforo, presi da un ritmo facile, ripetitivo e fischiettabile, che dura un paio di minuti. Parlando in questi termini la canzone di Filiberto-Pupo-Canonici è brutta, punto.

Dimentichiamo tutto ciò. Prendiamola seriamente, visti gli addirittura minacciati scioperi della fame da parte di Filippo Rossi, dalle pagine di FareFuturo, nel caso avesse vinto la canzone di Emanuele Filiberto.
Mettiamoci l’elmetto anche per andare a Sanremo, scendiamo in trincea ed entriamo nel merito.

Così argomenta Filippo Rossi: « uno sciopero della fame tutto culturale e soprattutto politico. Perché c’è qualcuno che deve far capire al paese che a destra, in Italia, c’è anche altro rispetto a una retorica patriottarda e vuota ».
La retorica vuota è rappresentata dal testo di Emanuele Filiberto di Savoia che canta: « Io credo sempre nel futuro, nella giustizia e nel lavoro […] nelle tradizioni […] nella mia cultura e nella mia religione […] credo ancora nel rispetto, nell’onestà di un ideale […] sono qui, per dire al mondo e a Dio, Italia amore mio »
In queste parole non vi vedo alcun scandalo, anzi, le trovo condivisibili. Forse retoriche, certo, ma non nocive. Sicuramente « non un inno alla patria » che invece « è una cosa seria ».

Si mira al bersaglio sbagliato, non si tratta di inno, ma di una semplice esternazione di un uomo che – per colpe non sue – ha sognato per anni di poter vedere l’Italia, Paese che dichiara di amare.
Non sono certo che la destra – non quella che vorrebbe rappresentare FareFuturo – non si riconosca più in queste parole e in questi valori. Tutt’altro. Una buona parte del Paese si vergognava della bandiera e dell’inno nazionale e abbiamo dovuto attendere il Presidente Ciampi affinché a questi valori venga restituita la giusta dignità.
Chi dobbiamo attendere ora affinché si possano rivalutare quelli fondanti della nostra civiltà, quali “Dio, Patria e Famiglia”, che niente hanno a che fare con il fascismo o con il bieco clericalismo?

Valori tanto vilipesi quanto radicati nella società e non esclusivi della destra. Molti laici, agnostici e illuminati pensatori di sinistra e non, per i loro figli scelgono asili e scuole gestiti da suore: si sentono più garantiti che da strutture laiche.
Finché fanno chiacchiere al bar, dicono peste e corna dei preti, poi quando si tratta dei propri figli o sentono ormai scarso il tempo loro concesso, baciano l’anello.
Non posso riconoscermi in toto nel “Manifesto della destra divina” di Camillo Langone, ma se devo scegliere tra questo o la linea di FareFuturo, scelgo il primo.
Trovo più ragionevole il “difendi, conserva e prega” di Pier Paolo Pasolini che il quotidiano esercizio in difesa dell’Islam di FareFuturo, che non mi appartiene e non appartiene alla nostra cultura.

L’operazione è però riuscita. Grazie a Michele Serra, Filippo Rossi ed altri, si è riusciti a trasformare una brutta canzone in un fatto politico.
Peccato, si poteva fare di più.
Filippo avesse avuto il coraggio di incatenarsi fuori dalla redazione di FareFuturo, Filiberto sarebbe arrivato primo.

Pubblicato su Freedom24
21 Febbraio 2010

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