ATTACCO ALLA DEMOCRAZIA

Il Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi

Lo scandalo delle liste di questi giorni è stato annichilente, da non saper più cosa pensare: faide, pressapochismo, superficialità. Forse di tutto un po’.
Al momento in cui i giochi sembravano chiusi, con il PDL ormai estromesso dalla competizione elettorale, gli interventi di alcuni esponenti del PD, dei Radicali e persino Di Pietro, facevano ben sperare. Dichiarazioni improntate al fair play, al non voler vincere per ko tecnico dell’avversario, lasciavano intravedere la possibilità di trovare un accordo. I tempi troppo stretti però ne hanno impedito anche solo il tentativo di iniziare le trattative. Il DL è risultata l’unica, spiacevole ma percorribile strada, poi avallata dal Presidente della Repubblica.

Conseguentemente a ciò ci si sarebbe aspettata una reazione da parte delle opposizioni più moderata, anche se, ovviamente, non plaudente alla soluzione trovata per uscire dall’impasse. Invece le dichiarazioni sono state inaudite. Padellaro, dalle pagine del Fatto Quotidiano, è stato durissimo, gridando al golpe, Travaglio ha paragonato il Presidente della Repubblica a Vittorio Emanuele III, Di Pietro ha chiesto l’impeachment dello stesso Napolitano, annunciando l’immancabile discesa in piazza. Su Internet il popolo viola e tutte le opposizioni si sono scatenate: «Attacco alla democrazia. Regime. Dittatura. Golpe.», per usare le parole di Micaela Bongi sul Manifesto, le frasi più ricorrenti.
Nemmeno la lettera esplicativa del Presidente della Repubblica, pubblicata sul sito del Quirinale e immediatamente ripresa da tutti i media, è servita a placare gli animi.

Si è trattato di scegliere il minore tra i mali, sacrificando la forma per salvaguardare la sostanza. E mai come in questo caso la forma non rappresenta la sostanza.
Le regole sono al servizio della democrazia, non questa al servizio delle prime. Democrazia che trova la sua massima espressione nella forma dell’esercizio del voto. Estromettere il più importante partito nazionale dalla competizione elettorale, per vizi di forma, sarebbe stato limitare l’espressione di democrazia di questo Paese.

Con quella firma il Presidente della Repubblica ha scelto di riportare i termini della competizione nell’alveo della equità, raddrizzando quella che sarebbe stata una grave stortura.
Qualsiasi decisione fosse stata presa avremmo sentito urla, strepiti e stracciar di vesti; ma quello che si ode in queste ore sono trabocchevoli segnali antidemocratici, sono toni talmente accesi che non dovremmo stupirci se dalle statuette in faccia passeremo ad altro.
Sintomi che fanno pensare a delle opposizioni autoconvinte dell’idea che una legnosa burocrazia avrebbe potuto tacitare la maggioranza del Paese.

Hanno perso una grande occasione. Avessero dimostrato un po’ di semplice buonsenso, avrebbero tratto il massimo beneficio da questa situazione e, con un minimo di signorilità, avrebbero potuto sfruttare fino in fondo la goffaggine dell’avversario.
Con la bava alla bocca, invece, palesano di non essere delle forze mature per incarichi di governo; con toni da curva Sud dimostrano di essere delle forze estremiste, pertanto condannate ad essere eterna minoranza. E non si rendono nemmeno conto di che regalano stanno facendo a Berlusconi.

Pubblicato su Freedom24
7 marzo 2010

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