TRAVAGLIO E IL REGIME DI POLIZIA

Marco Travaglio

Quando posso evito di leggerlo, parlo di Marco Travaglio. Evito perché so che mi incazzo, come mi incazzo sempre davanti alle mistificazioni della realtà. Mestiere nel quale Travaglio è bravo, tanto da essere pure stato condannato per diffamazione – dalla Cassazione e quindi in via definitiva – per delle falsità scritte sull’ex giudice Filippo Verde. Non c’è fotocopia di fedina penale esibita in TV che tenga: la condanna è là, nero su bianco. Ignorata da colui il quale spesso costruisce i suoi monologhi aberranti partendo solo da quanto asserito dai PM in un primo grado di giudizio. Già questo basterebbe a non occuparci più di un proto-giornalista che ha tradito il suo codice deontologico da tempo, mentendo e perdendo quindi ogni credibilità.

Adesso però bisogna farlo perché ha passato il segno, vittima dei suoi strali non più soltanto Berlusconi – avversario polititico – ma le forze dell’ordine. Indiscriminatamente colpevoli di essere assoggettate al “regime”. Nel suo ultimo monologo, “La Polizia della Casta”, si scaglia contro le forze dell’ordine perché in una trasmissione a Sky avrebbero indagato per cercare di capire cosa significasse la scritta posta su una vetrata che recitava “Odiare i mascalzoni è cosa nobile”. Ironicamente, chiede come mai hanno pensato subito a Berlusconi, quando si è parlato di “mascalzoni”. Come se, oltre a “mascalzone”, nessuno mai avesse proferito all’indirizzo del Premier questo ed altri epiteti quali: “testa d’asfalto”, “il banana”, “lo psiconano”, “il piduista”.

Scrive bene Travaglio, ma legge poco, forse non rilegge neppure se stesso, altrimenti non si stupirebbe.
Ignora forse che le forze dell’ordine che fanno da scorta al Presidente del Consiglio siano sotto pressione e che giustamente vogliano andarci con i piedi di piombo, per evitare altre statuette. Già le statuette, dimentico che probabilmente Travaglio pensa che Berlusconi lo abbia fatto apposta, oppure che il fatto sia da sminuire e da ricondurre al gesto di uno squilibrato. Peccato che gli squilibrati siano particolarmente sensibili proprio a quanto scrivono i fomentatori d’odio quali Marco e che capiti che qualcuno di questi, decida magari di passare alle vie di fatto.
La prudenza e la professionalità vengono quindi scambiate per arroganza di potere, per intimidazione di regime, per soppressione della libertà di espressione.

Questa volta però il gioco è pericoloso, mettere in mezzo le forze di polizia – alle quali tutti noi dobbiamo gratitudine – significa avvicinarci pericolosamente a periodi storici nefasti come quelli degli anni di piombo, dove ampie zone della sinistra individuavano proprio nelle forze dell’ordine i “guardiani del regime”. Da sconfiggere ed abbattere, perché nemici.

Travaglio afferma di essere sempre stato dalla parte degli uomini della legge, ma è solo un’invenzione letteraria per affondare ancora di più il coltello. Attacca le forze dell’ordine per i fatti di Genova, condannando senza dubbio alcuno i fatti di Bolzaneto e della Diaz, dimentico che un’intera città è stata messa a ferro e fuoco, dimentico che ci è scappato il morto, incurante che anche le forze di polizia fossero esasperate. Gli eccessi vanno puniti, certo. Le mele marce pure. Ma non si può fare di tutta un erba un fascio, non si può delegittimare una istituzione gettandola nel fango per convenienza politica.

Marco ridicolizza le cifre della manifestazione di Roma, incurante dell’esito delle votazioni che migliore conferma al successo di quell’evento non potrebbe essere, facendosi forte delle polemiche sui numeri occorse con il Questore di Roma. Proprio a Giuseppe Caruso, ma anche e soprattutto al SIULP, suggerirei maggior prudenza nelle esternazioni ed a non entrare in merito delle questioni politiche, perché alla fine si rischia di trovarsi dalla stessa parte della barricata di individui quali Marco Travaglio che, a ben vedere, proprio solidali con le forze di polizia non sono.

Ecco, passate parola, ma non l’odio oscurantista di Travaglio.

Pubblicato su Freedom24
30 Marzo 2010

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