DELFINO MANCATO

Il Presidente della Camera, Gianfranco Fini

Non molto tempo fa non ci sarebbero stati dubbi nel riconoscere in Fini, l’eterno delfino, il naturale e più probabile successore di Berlusconi. I continui distinguo dalla linea del Premier, obiettivamente ostili nel metodo e nei contenuti, invece che stimolare un dibattito, hanno creato una frattura all’interno del partito. La maggior parte degli elettori del Pdl, berlusconiani, considerano ormai il cofondatore Gianfranco Fini un corpo estraneo, più vicino alle posizioni progressiste che a quelle del centro-destra. Eppure certi argomenti che sembrano stare molto a cuore al Presidente della Camera e che rimbalzano quasi quotidianamente su FarefuturoWeb Magazine, sono ragionevoli e obiettivamente degni di approfondimento, quali la laicità dello Stato – quindi prima ancora del partito – e la politica dell’immigrazione e dell’integrazione, per esempio.

E’ forse stato il modo in cui questi temi sono stati introdotti, imposti più che proposti, che ha dato fastidio; pure il tono di superiorità intellettuale ha indispettito molti.

Nel merito, se è lecito discutere e ribadire il primato della laicità nel contesto politico-istituzionale, è invero necessario farlo con modalità meno brusche ed intolleranti, considerando la sensibilità di quanti si riconoscono nei valori cristiani, non solo religiosi, ma anche e soprattutto culturali.

Contraddittoria e disorientante per molti elettori è stata l’inversione di rotta dei finiani sui temi legati all’immigrazione, quando solo pochi anni prima la legge che ha regolato (male) l’ingresso sul territorio nazionale portava e porta tutt’ora il nome di Bossi-Fini. Impensabili e sconcertanti, per una buona parte dell’elettorato, le dichiarazioni del Presidente della Camera sulla politica dei respingimenti, i suoi inviti a non aver paure degli immigrati, l’appello all’accoglimento. Confondendo così xenofobia e razzismo con il semplice buonsenso e non considerando un aspetto essenziale del problema, quello riguardante soprattutto l’immigrazione islamica, che in realtà tutto cerca tranne l’integrazione. Politica miope che guarda verso direzioni già sperimentate da altri Paesi, fallite miseramente e che adesso si ritrovano in grosse difficoltà con delle imponenti comunità musulmane fuori controllo, con regole proprie e con pretese sempre più ingombranti ed in rotta di collisione con il mondo occidentale.

Questi atteggiamenti hanno portato i finiani in contrapposizione alla Lega e a spingere buona parte dell’elettorato proprio nelle braccia di questa, disorientato da dichiarazioni nelle quali più non si riconosceva e dal conseguente clima di divisione interna. Stranamente le bordate antiberlusconiane di Fini si sono interrotte immediatamente dopo la vittoria delle regionali, vittoria che è da intestare a Berlusconi e non a Fini, il quale, nascosto dal paravento della carica istituzionale, ha fatto ben poco. Anzi, forse ha addirittura remato contro, tifando una sconfitta del Pdl che avrebbe potuto mettere sotto processo (questa volta solo politico) l’odiato Berlusconi. Un disastro su tutta la linea: Berlusconi sugli scudi e rafforzamento della Lega, l’odiato alleato.

Dovrà pagare pegno, stare nell’ombra, leccarsi le ferite ed attendere momenti più propizi. Continuare a bacchettare il Premier, adesso, sarebbe un gioco pericoloso che lo porterebbe probabilmente ad uscire dal Popolo della Libertà; e Generazione Italia è ancora troppo gracile per dargli quel sostegno, quella base e quella visibilità a cui ambisce

Pubblicato su Freedom24
5 aprile 2010

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