Sabato ci sarà la manifestazione in segno di solidarietà ad Emergency, non a Kabul o a Lashkar Gah, ma a Roma. D’altra parte gli interessi bisogna difenderli dove ci sono, e quelli economici per questa ONG non si trovano certamente in Afghanistan.
Difficile pensare che detta manifestacja potrà smuovere anche di un solo millimetro il governo afghano, però sarà funzionale alla vendita di cappellini, magliette e alla raccolta fondi. Ogni occasione è buona, figuriamoci questa.
Nel frattempo, con tempi neanche troppo lenti per un governo traballante che combatte una guerra contro il terrorismo integralista islamico, nuovi particolari di questa vicenda emergono. Sembra che il chirurgo Marco Garatti sia accusato di essere stato coinvolto nel sequestro del giornalista Mastrogiacomo e che addirittura si sia reso colpevole di aver trattenuto per sé 500mila dollari, una parte del riscatto necessaria alla liberazione dell’inviato di Repubblica che vide però la morte di Adjmal Nasqbandhi, il suo interprete. Fonti di Emergency giurano che Garatti fosse però, in quel periodo, in Sierra Leone.
La vicenda assume contorni sempre meno chiari, anche se sembra ormai acclarato che l’irritazione del governatore di Helmand, Gulab Mangal, sia dovuta alla di lui convinzione che nell’ospedale di Emergency non si curassero solo i feriti, ma che vi fosse un fiancheggiamento delle posizioni talebane. Sempre meno velatamente vengono fatte trapelare accuse che metterebbero in relazione questa ONG con i rapimenti del giornalista Gabriele Torsello e di quello del collega Mastrogiacomo, con la gestione della loro liberazione, dei riscatti e del finanziamento ai talebani.
Rimane da comprendere la misura dei coinvolgimenti, ovvero se tutto sia limitato al personale locale o meno e capire come vi siano finite delle armi nelle scatole dei medicinali ritrovate poi nell’ospedale di Helmand.
Altra accusa – assolutamente inverosimile – sarebbe quella che vorrebbe i medici di Emergency adoperarsi addirittura a tagliare le mani dei poliziotti afghani per metterli fuori combattimento.
E’ però un altro segnale che il governo di Karzai vede in questa ONG un nemico o perlomeno un collaborazionista dei talebani.
Nel frattempo l’atteggiamento di Gino Strada non sembra collaborativo, i toni sono piuttosto urlati e radicali, quindi poco utili in questa delicata fase, rendendo più complicato il lavoro del ministro Frattini. Atteggiamento che è però la naturale evoluzione comportamentale di chi è stato alla guida dei mazzieri del gruppo Lenin, quello della facoltà di Medicina della Statale di Milano, la brutale ala dei “katanghesi” che, armati della “penna” (grossa chiave inglese), ha lasciato sul selciato molti avversari politici. Sarebbe interessante sapere se già all’epoca i feriti li curavano, imparzialmente, come ora Emergency afferma di adoperarsi a fare.
In questa vicenda le accuse di Gulab Mangal sembrano esagerate, ma pure lo sono le indiscriminate prese di posizione a difesa dell’organizzazione di Strada, in nome di un buonismo acritico che sa di ideologia.
Nessuno mette in discussione neppure lontanamente il giuramento d’Ippocrate e la nobile necessità di portare cure mediche nelle zone più vessate dalla povertà e dalla guerra, quello che lascia interdetti è che per farlo, oltre al bisturi, si usi la falce e il martello.
Pubblicato su Freedom24
15 aprile 2010