C’è bisogno di un colpo d’ala, di un vento nuovo che tolga questa umanità dalle inutili paludi che non ci fanno crescere. Non ci può essere progresso economico e sociale se mancano nuovi e più ampli orizzonti.
Le morte ideologie dell’altro secolo ci hanno lasciato orfani della capacità di sognare, rendendoci figli di questa globalizzazione. Le fibrillazioni di questo pianeta oscillano tra il decentramento della produzione – alla ricerca del minor costo della mano d’opera e bassa fiscalità – e l’affannosa necessità di controllare le materie prime.
Un sistema nihilista, spietato, egoista, che ha polverizzato gli ideali delle moltitudini sostituendolo con le necessità dei singoli, creando sfrenati individualismi di massa.
Gli operai votano per lo stesso partito del padrone – termine ormai desueto – e non hanno più necessità della lotta di classe, le femministe protestano per la mercificazione del corpo femminile, ma difendono la libertà di burqa, i liberisti credono che il dio-mercato tutto possa, che l’assenza di regole abbia poteri taumaturgici e non colgono le distorsioni in atto che proprio l’assenza o l’elusione di queste ha provocato e provoca.
La società è più spaccata di prima e in modo diverso, dove da una parte ci sono gli eserciti dei raccomandati che lavorano a stipendio protetto e garantito dallo Stato e gli altri, i quali si arrangiano come possono, subendo frontalmente lo strangolamento di una inarrestabile recessione. Recessione che è ben lungi dal giungere alla fine.
La politica – questa politica – non è in grado di dare risposte. Ha perso il ruolo di indicare una via, d’essere capace di far sognare alle genti un futuro migliore e ha sostituito questo suo necessario compito con la banalità degli adempimenti amministrativi.
Necessari, certo, ma si tratta di gestione ordinaria, di bassa manovalanza, di routine quotidiana, dove dovrebbe essere scontata la buona ed efficiente gestione della cosa pubblica.
Pure ovvia dovrebbe essere la capacità legislativa, in grado di operare efficientemente, in tempi per lo meno sincroni ad una società che cambia velocemente. Seppur di qualità e livello superiore alla politica amministrativa, neppure questa però può essere la risposta ai bisogni dell’uomo, semmai dovrebbe essere la sua logica conseguenza.
Non quindi la politica in quanto mero governo della società, ma quella in grado di pensare la società.
Capace di indicare, invece e in primis, i nuovi ideali dell’uomo.
Siamo invece prigionieri di una politica minore, che lotta per il conseguimento del potere e, una volta ottenuto, non sa più come usarlo se non per perpetuare sé stessa.
Se non ritroveremo una nuova comune idea, alta, potente, ardita e nobile di pensare noi stessi e la società rimarremo delle bandiere al vento, battelli senza timone, incapaci di inventare il nostro futuro, preda degli eventi e di questo caos buio.
Pubblicato su Freedom24
6 luglio 2010