SILVIO ALLE CORDE

A guardare troppo nel dettaglio, in politica, si rischia di perdere la visione d’insieme. Seguire con attenzione tutte le parole e le frasi pronunciate può esser fuorviante, anche perché non è mica detto che le affermazioni di un politico servano a far chiarezza, tutt’altro. Pertanto mi permetterò di trascurare e di saltare a piè pari quanto Fini ha speso nel suo discorso di Mirabello. Cose tra l’altro già udite, sintesi di quanto espresso da almeno un anno a questa parte.

La situazione è bloccata, dentro il Governo e di conseguenza nel Paese. Il nuovo gioco di società, tedioso in verità, sembra essere quello del cerino. Si attende solo di sapere chi sarà quello cui toccherà rompere definitivamente, scottandosi le dita. Atto privo di valore in quanto non sarà importante chi produrrà lo strappo definitivo, perché lo strappo c’è già ed è sotto gli occhi di tutti. Il poter indicare l’artefice materiale del fatto in sé, sarà solo una soddisfazione infantile.

Fini è fuori dal PDL, ma in questa fase non può di certo auspicare elezioni anticipate, non essendo ancora pronto. Da qui il tira e molla con Berlusconi, il logorio continuo e costante, i distinguo, ma anche i proclami di fedeltà agli elettori e al programma. L’antiberlusconismo nel partito di Berlusconi. Aria fritta. Il Presidente della Camera cerca solo di guadagnar tempo per uscire dall’angolo dove si è cacciato da solo. Infatti, l’avvenire di Fini si sarebbe potuto immaginare ben diverso da quello spinoso di oggi. Si fosse conclusa proficuamente questa legislatura, forse Berlusconi avrebbe lasciato la Presidenza del Consiglio per ricoprire la carica massima, quella della Repubblica, lasciando a Gianfranco la guida del PDL. Chissà. Non lo sapremo mai, la storia ha preso un’altra china.

Da tempo si parla di un costituente partito di centro composto da FLI-UDC-API e MPA. Non lo credo possibile, troppi galli in un pollaio: Fini, Casini, Rutelli, Lombardo; sui quali aleggerebbe pure il fantasma di Montezemolo. Forse non quindi un’unica formazione, ma una federazione di forze, dagli incerti equilibri e fantastiche alchimie. Possibile, anzi probabile, tanto che alcuni sondaggi darebbero questa compagine tra il 15 e il 22%. Per concretizzare questo progetto serve però tempo, bisogna tessere accordi e stipulare patti, stringere alleanze e trovare un minimo comun denominatore che non sia solo l’antiberlusconismo. Basterebbe quello, Berlusconi non sarebbe al governo da un pezzo.

Non solo per questo i tempi non sono maturi. C’è un grosso problema a sbarrare questo disegno politico: l’attuale legge elettorale. Questa formula elettiva spinge il Paese verso un assetto bipolare, con due grossi schieramenti contrapposti, senza spazi per un centro. Chi vince, grazie al premio di maggioranza, piglia tutto (semplifico, il meccanismo al Senato è più complesso). Da qui le voci sempre più insistenti verso la necessità di cambiare sistema, con la scusa che la mancanza dell’indicazione di preferenza sarebbe una grave stortura. E’ una fandonia. Grande e grossa. Una presa per i fondelli. Anche se la questione non è liquidabile in poche battute, sono sempre i partiti che indicano il candidato, che ci sia o meno l’indicazione di preferenza sulla scheda elettorale. Si tratta di un problema di lana caprina, teso in realtà a nascondere il vero obiettivo della volontà di riformare il sistema di voto: la fine del bipolarismo.

La futura formazione di centro, anche con il troppo ottimistico 22% di consensi, non potrebbe aspirare a molto e con l’attuale legge sarebbe costretta a dichiarare preventivamente alleanze e programmi. In un sistema proporzionale potrebbe invece divenire l’ago della bilancia: la posizione politica più ambita di sempre. Sarebbe il ritorno all’intrallazzo, ai governi di vita breve, al politichese. Sarebbe la prima Repubblica. Guarda caso i più convinti sostenitori di questa operazione sono Fini, Casini e Rutelli, con il silenzio/assenso di D’Alema. Napolitano non si strapperebbe di certo i capelli se dovesse dar vita ad un governo tecnico. Non vi sarebbe nessun scandalo, essendo tutto previsto dalla Costituzione. Non proverebbero remora alcuna a calpestare la volontà popolare in virtù di un passaggio costituzionale non più coerente con il Paese. Nessuna vergogna, in fondo sono tutti plurinavigati esponenti della prima Repubblica e probabilmente la rimpiangono con nostalgia. Berlusconi è il loro ostacolo, il corpo estraneo da espellere, l’indisponente parvenu che potrebbe metterli ancora nel sacco se solo riuscisse a portare alle urne il Paese. Subito, prima che questi fantasmi del passato prendano il sopravvento.

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