E’ l’elettore che per anni ha votato Berlusconi, ma non l’ha mai confessato per paura di essere deriso dai compagni di scuola, colleghi d’ufficio e di università. Oppure quello condizionato da anni e anni di propaganda della stampa debenedettiana e non solo, che a furia di dipingere un Premier impresentabile, gaffeur, corrotto, corruttore e puttaniere, voterebbe il centro-destra, ma “Dio mio! Non Berlusconi”. Non manca qualche intellettuale o aspirante tale che trova scandaloso il populismo e il nazional-popolarismo berlusconiano. E ancora i malmotosi, i rancorosi e gli insoddisfatti che non mancano mai. Ecco allora pronto il Fini vestito di nuovo, inflessibile arbitro, paladino della moralità, giusto, e forse per qualcuno pure bello. Eroico nel suo disprezzare il Premier.
Esistono modelli culturali positivi e propositivi, impegnati incessantemente nell’affinamento della propria visione del futuro, concentrati nel tentativo di costruire. Di riflesso esiste il contrario, la negazione tout court di un modello esistente, considerato indegno ed inaccettabile. Talmente negativo da obbligare a porsi sempre comunque al suo opposto, qualunque posizione esso assuma.
Esempio lampante è l’antiberlusconismo finiano, nato, cresciuto e alimentato all’ombra del consenso elettorale di Berlusconi stesso. Fenomeno parassitario e imbelle, incapace di brillare di luce propria, sorto non da ragionamenti politici ma da odio e invidia personali. Basti infatti ricordare il fuori onda di Fini con Trifuoggi, o il dito puntato alla Direzione Nazionale del PDL. Una politica, quella finiana, disposta a tifare per Spatuzza, per la liberalizzazione dell’immigrazione, per l’Islam (ma non per Gheddafi), per riferimenti culturali da sempre territorio della sinistra. Tipico comportamento sclerotico e contraddittorio, appannaggio di chi è obbligato ad accontentarsi degli spazi lasciati liberi dal nemico; con il quale mai si può concordare, a costo di perdere la propria identità culturale e connotazione politica. Lascia perplessi con quanta attenzione il gotha finiano misuri le parole per rimanere nel solco del politically correct. Rigidi e impettiti per timore d’essere la causa che porti al voto il Paese. Il risultato non è carne né pesce. Non una proposta concreta è uscita da quella compagine, ma solo ditini alzati e un urlato controcanto nei confronti di un Governo che vogliono continuare a bacchettare, ma non abbandonare. Un peso al gancio, consci che l’anelito di un peso è nella ricerca di un punto sempre più basso, quindi nel suo non essere più peso. Pertanto a quel gancio rimangono ben avvinghiati. Gli elettori forse verranno, forse non corrisponderanno a questo immaginario ritratto, per il momento vanno bene anche quelli di Berlusconi.
11 settembre 2010