INTERVISTA A DANIELA GREGORINI E MAURO MERLINO, FONDATORI DI “MG INFORMARE & DIVULGARE”
Sig. Mauro Merlino, ci siamo conosciuti in occasione del caso di Sara Viarengo a che punto è quella situazione?
Il caso di Sara procede positivamente, i nonni e gli zii della piccola sono stati convocati il 25 ottobre presso il tribunale dei minori, notizia questa accolta con estrema soddisfazione anche dal legale, un episodio questo che ha tutti i contorni di un lieto fine. Attendiamo comunque le disposizioni definitive per festeggiare il risultato.
Lei assieme a Daniela Gregorini avete fondato un’organizzazione “MG-INFORMARE & DIVULGARE“, di cosa vi occupate?
Con il sostegno e la collaborazione di Daniela Gregorini ho dato vita alla “MG INFORMARE & DIVULGARE”. È un’organizzazione con sede nel Nord Italia, con collaboratori in Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna. Nasce per fornire assistenza gratuita a padri e madri coinvolti nei problemi di separazioni, divorzi e nel difficile mondo del rapporto tra minori e giustizia. Le parole chiave del nostro progetto sono contenute nel nome stesso. Divulgare: ossia parlare costantemente con tutti i mezzi a disposizione del problema, attraverso il racconto e la diffusione di singole storie, di notizie e di approfondimenti in merito alle separazioni. Troppo spesso l’informazione resa è occasionale, imprecisa e limitata, il nostro impegno è volto proprio a contrastare tutto questo con una diffusione costante, dettagliata e vasta che permetta di far prendere coscienza ad un numero sempre maggiore di persone di questa disperata realtà. Lo scopo è quello di incentivare una nuova cultura della separazione, in linea con le nuove esigenze sociali. Chiedere una modifica a delle normative che sono incomplete, aperte a interpretazioni soggettive, non sufficienti a risolvere i problemi di una coppia che si separa. È necessario vengano rivisti i compiti e le funzioni dei Tribunali dei minori.
Informare: o meglio segnalare agli enti ed alle figure preposte i casi più gravi di mala giustizia che troppo spesso rendono vittime i bambini che invece dovrebbero tutelare. Con troppa facilità vengono sottratti alle famiglie per essere condotti in strutture ed istituti, privati dei loro affetti e del mondo nel quale sono cresciuti. Esistono dei casi in cui questi interventi sono legittimi e necessari, a volte invece si è impotenti testimoni dell’eccessivo potere concesso agli assistenti sociali. La conseguenza è quella di assistere non ad un intervento a sostegno e recupero dei soggetti coinvolti, ma alla sottrazione dei minori che, sotto la supervisione di questi operatori, diventano ospiti di strutture assistenziali ben lontane dal poter sostituire dal punto di vista umano il calore di una famiglia. Gli obiettivi sono quelli di fornire assistenza umana, professionale e sociale ai genitori in difficoltà, raccogliendo le loro testimonianze, analizzando le loro vicende e cercando di accompagnarli verso una gestione dei rapporti più efficace e meno conflittuale. Cerchiamo di tutelare i diritti dei genitori e dei figli coinvolti, anche sensibilizzando delle personalità politiche. Il nostro impegno è volontario e gratuito, ma non ci stanchiamo di richiedere alle istituzioni di intervenire a sostegno delle famiglie indigenti, con delle azioni reali, efficaci, concrete. A causa della mancanza di lavoro e di difficoltà economiche non è accettabile che certi genitori vengano privati dei propri figli; come non è altresì accettabile che altre coppie per i medesimi problemi siano costrette a rinunciare a coronare il sogno di avere della prole.
Il suo attivismo nasce da una vicenda personale. Vuole raccontarcela?
Sono uno dei tanti padri annullati a seguito di una separazione coniugale. Ho per anni condotto la mia battaglia personale, trovandomi mio malgrado a difendermi da accuse strumentali e prive di alcun fondamento. Ho lottato nelle aule di tribunale per veder riconosciuto il mio ruolo naturale di padre, per prendere parte alla crescita di mia figlia, subendo ogni qualsivoglia tipo di sopruso ed umiliazione psicologica e non. Questa esperienza mi ha devastato la vita, stravolgendola e svuotandola.
Si è parlato di alcuni casi simili al suo perché legati a personaggi famosi, quali Tiberio Timperi, per esempio. Ma quanto è diffuso questo fenomeno?
Ultimamente due personaggi famosi Tiberio Timperi e il calciatore Matteo Sereni hanno pubblicamente raccontato il loro dramma di padri negati. Dobbiamo ringraziarli perché anche grazie a loro questo problema immane, che perdura nell’ombra da troppo tempo, è salito alla ribalta della cronaca ed ha permesso a tanti altri di raccontare la loro storia. Il fenomeno delle separazioni è inarrestabile si parla di più di 84.000 nuovi casi nel 2008 per un totale di oltre 400.000 persone coinvolte. La maggior parte delle separazioni si conclude consensualmente, ma non tragga in inganno il termine “consensuale”. Spesso si ricorre a questa formula per mero calcolo economico, per abbattere le spese legali. In realtà la conflittualità perdura e il motivo di maggior scontro è proprio la gestione dei figli.
Mi rivolgo a lei, Daniela. Di chi la colpa maggiore, dei genitori che usano i figli come arma di ricatto, degli assistenti sociali, di una legge inadeguata, dei giudici?
Le responsabilità non si possono attribuire ad una sola delle figure da lei citata. Non è neppure semplice farne un’analisi per grandi numeri in quanto ogni caso è una storia a sé e presenta delle peculiarità uniche. Frequentemente la responsabilità più grave coinvolge in prevalenza le madri. Il senso di abbandono e di frustrazione per la fine del rapporto coniugale, dopo una prima fase di depressione e di rielaborazione interiore, sfocia in un sentimento di rivalsa nei confronti dell’ex marito. Vendetta che spesso si concretizza ricorrendo alla magistratura, usata come arma, strumentalizzando i figli minori. Questo atteggiamento costante e perpetrato nel tempo può indurre nei minori la sindrome di alienazione genitoriale (PAS), patologia descritta nelle teorie dello psichiatra statunitense Richard A. Gardner a partire dagli anni ottanta. Esso è un disturbo psicopatologico e allo stesso tempo un abuso emotivo che si manifesta nei figli coinvolti nei conflitti dei genitori. Il figlio si allinea al genitore cosiddetto alienante che perpetua un indottrinamento ai danni dell’altro, arrivando al punto di odiare il genitore alienato talvolta escludendolo completamente della propria vita. Talvolta, accanto alle responsabilità dei coniugi, si somma il ruolo di alcuni servizi sociali. Oberati di lavoro e costretti in un breve lasso di tempo ad evadere un numero eccessivo di richieste, spesso operano con scarsa efficacia, se non con superficialità. Ma il potere di cui la legge li ha investiti è enorme, pressoché totale, e quando compiono degli errori di valutazione il benessere dei soggetti coinvolti ne viene irrimediabilmente danneggiato. La legge attuale è palesemente iniqua. L’affido condiviso rimane teorico, irrealizzabile, e non solo nei casi in cui i coniugi risiedono lontani e quindi non possono dividersi in egual modo i figli, ma anche nei casi in cui potrebbero farlo. Si aumenta così il rischio che, a causa della doppia residenza, i figli possano maturare la sindrome del doppio nido. Motivo di ulteriori conflitti è l’assegno di mantenimento, attualmente legato al reddito, alla valenza economica data all’aspetto dei compiti domestici e di cura, e ai tempi di permanenza presso ciascun genitore. Criteri di obiettiva difficile quantificazione che non aiutano i giudici, lasciando campo a decisioni non omogenee e arbitrarie, con il rischio di monetizzare gli affetti. Il costante coinvolgimento di entrambe le parti in causa nelle scelte che riguardano i minori non è pensabile in una coppia troppo litigiosa. Pure impossibile rivolgersi al giudice per ogni quotidiana controversia, quindi le decisioni che riguardano i figli vengono spesso prese in autonomia dal genitore con il quale il minore vive la maggior parte del tempo, anche contro la volontà dell’altro. Altri due gravi problemi rivestono l’aspetto giuridico: l’assenza di responsabilità dei giudici e la mancanza di figure specifiche che si occupino di diritto della famiglia. Inoltre, oggi nella carriera di un giudice vi possono essere diversi passaggi di ruolo, con trasferimenti in ambiti completamente differenti, per i quali non è detto il magistrato abbia specifica preparazione.
Quali le possibili soluzioni?
E’ necessaria una revisione della legge sull’affido condiviso, l’introduzione dell’istituto della mediazione familiare già all’inizio dell’iter della separazione, il divorzio breve, il ridimensionamento dell’autorità degli assistenti sociali e un maggior controllo sul loro operato e preparazione professionale. Un cambiamento positivo sarebbero anche l’inserimento del principio della responsabilità per i giudici e la previsione di tribunali e magistrati specializzati e impegnati esclusivamente su questa materia troppo complessa, anche prevedendo una formazione psicologica degli stessi.
Esiste qualche parlamentare o qualche formazione politica che si sta occupando di questi problemi?
La deputata radicale Rita Bernardini ha depositato l’8 settembre 2010 una interrogazione parlamentare a risposta scritta, elaborata insieme alla “Lega Italiana per il Divorzio Breve“, con la quale si chiede al Ministro di Giustizia Angelino Alfano di adottare urgenti iniziative “al fine di garantire la piena applicazione della legge sull’affido condiviso (legge n. 54 del 2006) in modo tale che i diritti dei genitori separati e dei loro figli possano essere realmente tutelati“. Preciso però che la nostra organizzazione è apolitica e accettiamo sostegno da qualsiasi schieramento possa arrivare. Il nostro interesse primario sono i bambini e la tutela dei loro diritti. Politicizzare il nostro movimento non è nostro interesse e potrebbe essere controproducente per il lavoro che svolgiamo. Attualmente possiamo affermare di aver ricevuto solidarietà e disponibilità al dialogo da diversi schieramenti, esempio di come per ogni altra cosa, è la singola persona che può far la differenza.
Potete contattare “MG INFORMARE & DIVULGARE“ per raccontare la vostra storia, chiedere consigli o per qualsiasi tipo di informazione ai seguenti recapiti:
Sul gruppo presente su Facebook
Mail: mginformaredivulgare@tiscali.it
Numeri di telefono: 3477320232 / 3467926036
Contatti Skype: merlino.mauro / daniela.gregorini78
Canale Youtube
Pubblicato su Freedom24
5 ottobre 2010
Mi compiaccio per l’attenzione dedicata alproblema dell’affidamento dei figli al momento della rottura della coppia geniotoriale.
Non posso, tuttavia, che dissentire quando si sostiene che la responsabilità più grave coinvolge in prevalenza le madri. Le madri non possono decidere e non decidono niente. A loro non può, di conseguenza, essere atttribuita alcuna responsabilità. Chi decide sono i giudici (con la connivenza dei pubblici ministeri) e loro è l’intera responsabilità. Al massimo alle madri potrebbe essere attribuita la “responsabilità” di fruire di una situazione loro vantaggiosa, che che non hanno creato loro e che solo i magistrati hanno creato ed alimentano. Le madri chiedono e ne hanno il diritto ed il dovee, al pari dei padri. Chi è lautamente stipendiato per risponedere in base alla Legge ed alla Costituzione è il giudice.
Parimenti trovo fuorviante sostenere che la legge attuale è palesemente iniqua, anzi è assurdo. Non si può attribuire alla legge come difetto il fatto che non venga applicata. Anche qui di iniquo c’è solo la Magistratura che la legge non applica, ma “interpreta” ad arbitrio.