Recentemente su “La Stampa” è apparso un articolo a firma Juan Carlos de Martin dal titolo “Internet wi-fi, un decreto da cancellare“. Oggetto dell’articolo sarebbe il ritardo italiano nella diffusione delle reti WI-FI dovuto al decreto Pisanu, che imporrebbe un regolamento troppo farraginoso. Questo richiede, per un esercizio pubblico che volesse fornire gratuitamente o meno Internet ai propri clienti, di dare comunicazione alla questura e di registrare gli utenti che usufruiscono del servizio. Ed è esattamente quanto richiede la Direttiva Europea 2006/24/CE, dove tra l’altro recita all’Art.1, “Oggetto e campo d’applicazione ”: La presente direttiva ha l’obiettivo di armonizzare le disposizioni degli Stati membri relative agli obblighi, per i fornitori di servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico o di una rete pubblica di comunicazione, […] allo scopo di garantirne la disponibilità a fini di indagine, accertamento e perseguimento di reati gravi, quali definiti da ciascuno Stato membro nella propria legislazione nazionale. ” e ancora all’ Art.2 “La presente direttiva si applica ai dati relativi al traffico e ai dati relativi all’ubicazione delle persone sia fisiche che giuridiche, e ai dati connessi necessari per identificare l’abbonato o l’utente registrato.” Piuttosto chiaro.
A questa norma l’Italia, assieme ad altri Paesi, si è adeguata subito. Alcune nazioni hanno invece deciso di sfruttare i termini di proroga permessi dalla normativa stessa e scaduti il 15 marzo 2009, come si può evincere dalle dichiarazioni poste alla fine della Direttiva stessa. Questo ha indotto in molti l’erronea percezione per cui nel nostro Paese ci fossero norme più restrittive che nel resto d’Europa.
Nonostante l’indirizzo sia nato per uniformare le diverse posizioni sul tema, permangono in Europa alcune differenze attuative. Ma, direttiva alla mano, l’interpretazione del decreto Pisanu risulterebbe corretta.
La scarsa diffusione delle reti wireless non dipende certo da questo aspetto, ma da altri fattori, anche legati ad un mercato fortemente condizionato da un operatore telefonico che ancora detiene la maggior percentuale di hardware, cioè le reti e le centrali. Condizionando così il costo della concessione ad altri provider delle strutture di cui esso stesso si serve. Non da ultimo bisogna considerare l’orografia e la distribuzione della popolazione sul territorio nazionale, molto frazionata.
In ogni caso il problema del così detto “digital-divide” esiste, ma qualcosa si sta facendo anche da noi. È partito un progetto che dovrebbe coinvolgere un centinaio di comuni, con una copertura di oltre 5.000 Kmq e incidere su un bacino di circa 4 milioni di utenti. Offrirà Internet gratis ai cittadini per due ore al giorno. L’accesso avverrà registrandosi sul portale del servizio, fornendo un numero di telefono cellulare. Via SMS si riceverà la password. Nulla di particolarmente complicato, quindi. A Trieste funziona già, anche se non tutte le aree previste sono ancora coperte. A questa iniziativa si affiancano quelle private, Vodafone in primis, che ha lanciato una campagna di investimento da 1 miliardo di Euro sul WI-FI. In collaborazione con il produttore cinese Huawei, in tre anni porterà la banda larga in 1.000 comuni dei 1.800 ancora sprovvisti. L’evoluzione del progetto si può seguire su www.1000comuni.vodafone.it
L’associazione IP/identità rimane un ottimo strumento in mano agli organi di polizia e non è assolutamente lesivo della privacy. Quelli contrari invece affermano si tratti di una norma antidemocratica e spesso confondono ad arte il significato di “anonimia” con quello di “gratuità”. Curiosamente il fronte di chi vorrebbe azzerare il decreto Pisanu è sovrapponibile a quello che si batte contro l’eventuale decreto intercettazioni, dimostrando così non poca contraddittorietà e mancanza di coerenza.
8 ottobre 2010
Buongiorno Paolo,
sono uno che lavora nel ‘settore’ e sono anche tuo concittadino.
Quanto scrivi dal mio punto di vista e’ solo in parte formalmente corretto in quanto e’ vero che l’ Italia ha recepito zelantemente una normativa europea – anche se sembra piu’ israeliana che europea – con il decreto Pisanu, e che tale misure hanno un senso da un punto di vista tecnico, logico e legale.
E’ altresi’ vero pero’ che sbagli nell’ affermare ‘la Pisanu’ non abbia a tutti gli effetti bloccato la diffusione di Internet, prerequisito fondamentale in uno stato che cerca come meta una democrazia diffusa.
Non so se sei del settore ma sai quante complicazioni sono previste per chi prima del 1/gen/2011 voleva fornire questo servizio?
1) Registrazione presso la questura (in alcuni casi si doveva versare una caparra di 2 mila € … ???? … mi sembra gia’ un prerequisito necessario per sconfortare buona parte dei potenziali esercenti interessati)
2) Registrazione presso il Ministero delle Telecomunicazioni (lo sai che anche un semplice router potrebbe essere installato solo da 4/5 ditte per esempio a Trieste che hanno la certificazione presso il ministero di cui solo un paio offrono servizi captive portal) con tutte cio ‘ che comporta?
3) Costi e complicazioni nel mantenimento dei dati e nel fornire i dati di accesso ai clienti (per esempio la password da fornire al cliente non deve esser conosciuta dall’ albergatore con ulteriori costi a suo carico – stampanti che imbustano direttamente le credenziali).
In piu’ bisogna considerare che se la tua attivita’ di Internet Point/Hot-Spot e’ accessoria allora solo alcune di queste regole valgono e si poteva per esempio usare un modulo vidimato dalla questura per autenticare gli utenti (pre-history).
Per farti capire … ho conosciuto alcuni albergatori che non pubblicizzano il fatto che hanno un sistema Internet per i loro cliente per timore di cadere in qualche contraddizione legislativa.
Infatti la Federalberghi Trieste ha chiesto un incontro con un rappresentante della questura per chiarire alcuni aspetti legislativi nel mantenimento dei dati che vanno in contrapposizione al altre norme … il risultato ??? … dalla questura non si e’ presentato nessuno.
Direi quindi ‘te la ga’ cagada fora del bucal!!!’.
Vedi un po’ come funziona la stessa cosa in Slovenia o Austria … sarebbe bello anche che indicassi quali altri Paesi hanno introdotto norme cosi’ restrittive per dovere di cronaca.
Non so se hai interessi personali nel perseguire un norma che per fortuna e’ decaduta, ma anche se fossi un semplice ‘ libero pensatore di destra ‘ – a giudicare dagli altri tuoi articoli – saresti sempre uno di quei concittadini che continua a praticare uno ‘sport’ municipale – a Trieste, per chi legge da ‘fuori’ – diffuso quanto svilente.
Ariviodisi
Giulio
… dimenticavo, la chiusura del tuo articolo …
L’ ip non ha nessuna attinenza con l’ associazione delle credenziali di accesso (solo il nome utente aveva valenza legale, IP e MAC address non forniscono nessuna certezza nell’ identificare un utente).
Inoltre benche’ suoni famigliare la tua ipotesi sull’ incoerenza di chi sostiene che il wifi dovrebbe tutelare la privaci ma si batte contro le intercettazioni, io trovo che sia completamente fuori luogo.
L’ intercettazione non e’ preventiva e quindi un bel servizio che lo Stato offre a tutti i cittadini (non siamo nel Cile di Pinochet per fortuna) ma disposta da un magistrato per verificare eventuali reati.
Monitorare il traffico di tutti i cittadini e’ un applicazione sovradimensionata ad un problema che non esiste (l’ Italia ti ricordo che NON ha subito alcun attentato terroristico da Al Quaeda), ma puo’ essere utile in un ottica di Stato/Grande_Fratello.
Finche nell’ articolo ti attieni ai fatti ci stiamo, purtroppo pero’ trattandosi di un blog dobbiamo sorbirci pure le tue stoiche riflessioni … mumble mumble ;P
Ma non avete (sempre la tua categoria di bloggatori – liberi – pensatori – non_ammaestrati/soggiogati – ma_a_favore – qualche volta – del privilegio/del potere – dell’ ordine costituito – dai comunisti_destituito – blabla – dai grillini strumentalizzato/’populizzato’) di meglio da fare nella vita?
Potrei cosi’ ritrovarmi a non dover fare il Don Chisciotte prima delle 8 di mattina per non far passare ‘sta ossidata melassa che si trova in giro … neh!
Zdravo druze!
Giulio
“Non so se sei del settore ma sai quante complicazioni sono previste per chi prima del 1/gen/2011 voleva fornire questo servizio?”
Si sono del settore, almeno dai primi 8086. Ci sono state differenze nell’applicazione del decreto, come sempre in Italia. In alcuni luoghi più restrittive, in altri meno.
“L’ ip non ha nessuna attinenza con l’ associazione delle credenziali di accesso (solo il nome utente aveva valenza legale, IP e MAC address non forniscono nessuna certezza nell’ identificare un utente)”
Chi ha mai parlato di MAC address? L’IP è cosa diversa e l’abbinamento Nome/IP è quello che conta tutt’ora anche per le indagini tradizionali riguardo la pedofilia o altro, per esempio. Poi se vuoi possiamo parlare di tecniche di spoofing fino a domani…
“Inoltre benche’ suoni famigliare la tua ipotesi sull’ incoerenza […]”
Ma va? Che strano vero?
Spiacente ma continuo a credere che la totale anonimizzazione delle connessioni sia un gran regalo a tutti quelli che vogliono delinquere in santa pace.
“Ma non avete […] di meglio da fare nella vita?”
Scusa ma che ti frega?
“Potrei cosi’ ritrovarmi a non dover fare il Don Chisciotte prima delle 8 di mattina”
Vedi sopra: “Ma non avete […] di meglio da fare nella vita?”