Sono mesi che da Fare Futuro, dai centristi di Casini e da certe frange di sinistra provengono tronfie affermazioni di come il berlusconismo sia ormai giunto a fine corsa, ma dopo il colloquio tra i Presidenti Napolitano e quelli di Camera e Senato lo scenario pare sia cambiato. Anche la polemica innescata dalla Carfagna, con relative annunciate dimissioni, non sembra capace di far ripartire la grancassa dei futurini che neppure cavalcano la notizia. Puerile la diatriba su nome e logo del PDL. Berlusconi sembra addirittura rafforzato e non si stanca di annunciare che il 14 dicembre il suo Governo riotterrà la fiducia non solo al Senato, ma anche alla Camera.
Così fosse sarebbe per Fini un fallimento totale, una disfatta senza precedenti, anche se non la prima. Già nel 1999 l’attuale Presidente della Camera, assieme a Segni, fondò l’Elefantino in aperta competizione con Forza Italia, ispirandosi al partito repubblicano americano. Esperienza che s’infranse alle elezioni europee su un modesto 10,3%. Una dolorosa sconfitta, considerando che la sola An usciva dalla tornata elettorale precedente forte di un 15,7% di preferenze. Fini fece autocritica e pubblica ammenda, ritornando all’ovile berlusconiano.
L’intolleranza verso Berlusconi da parte di Fini e Casini crebbe nel corso della XIV legislatura (2001-2006), rendendo difficile l’azione di governo. Quest’ultimi affrontarono la seguente campagna elettorale con scarso entusiasmo, partendo molto in ritardo e consegnando la vittoria a Prodi per pochi voti di scarto.
Il 14 ottobre 2007 nacque ufficialmente il Partito Democratico, con Veltroni alla guida della neonata formazione. Fallita la spallata al Governo Prodi II, Berlusconi si ritrovò in difficoltà: Fini, Casini, ma anche Maroni iniziarono a trattare autonomamente con il futuro decespugliatore del PD per una riforma elettorale, ma Berlusconi uscì dall’angolo rivolgendosi alla base. Partì una raccolta di firme (novembre 2007) per protestare contro il Governo Prodi che raggiunse quota 8 milioni, i maligni affermarono abbia anche sponsorizzato la nascita de “La Destra” di Storace e Bontempo e l’uscita da An della Santanché. Il 18 novembre avvenne il “discorso del predellino” e il 2 dicembre si svolse una imponente manifestazione popolare unitaria (oltre 2 milioni di persone) a Roma. Casini si era già sfilato da tempo, Fini, spinto da buona parte dei colonnelli di An, aderì suo malgrado.
Il resto è storia recente. Il PDL stravinse le elezioni, ma iniziarono i continui dissensi di Fini dalla politica maggioritaria del Governo, il suo disimpegno elettorale, la costante opposizione interna con il conseguente danno mediatico e paralisi dell’azione dell’esecutivo. Cause che portarono al defenestramento dell’attuale Presidente della Camera dal PDL.
Lo scenario oggi è però molto diverso da quello del 1999 e Fini si è tagliato ogni ponte alle spalle. È impantanato in una situazione politica apparentemente senza via d’uscita. Difficile immaginare una possibile alleanza con un PD che guarda sempre con maggior insistenza verso la sinistra radical/populista di Vendola. Difficile pure far digerire alla propria base una alleanza con il cattolico Casini dopo gli strombazzati proclami in direzioni laiciste sui temi etici, il fine vita, ecc.
Le posizioni radical-chic futurine possono piacere ad alcuni settori dell’intellighenzia snob della società civile (che però hanno già naturale dimora nel popolo del PD), ma non alla massa elettorale. Controproducente pure il recente bailamme sulla dichiarazione del Premier dove affermava fosse “meglio guardare una bella donna che essere gay”. Non è una dichiarazione che possa scandalizzare l’elettore italiano medio – quello che pensa che il politically-correct sia una forma d’educazione – e contrastare questa affermazione, senza scivolare nell’equivoco che sia meglio prenderlo nel culo, è impresa ardua.
Elettoralmente Berlusconi e il suo populismo non lasciano spazio agli avversari se non gli scarti di posizioni di rincalzo. Inoltre, la mancanza di idee e proposte non è solo figlia del presenzialismo berlusconiano, ma anche della dissennata politica delle opposizioni, dove sempre più spesso si odono affermazioni che negano esistano ancora destra e sinistra, rinnegando così la propria stessa identità e disorientando l’elettorato.
Casini, sentendo mutata l’aria e con la disinvoltura di sempre, offre una sponda al Governo, lasciando in mezzo al guado proprio FLI che, non riuscisse a far cadere questo esecutivo, si troverebbe a dover spiegare alla propria base il “tanto rumore per nulla”. Nel contempo, si andasse alle elezioni, rischierebbe di essere spazzato via. L’unica àncora di salvezza per i futurini rimane la formazione di un Governo di Salute Nazionale. Ipotesi che oggi sembra ancor più lontana, profilandosi all’orizzonte o l’alternativa del ricorso alle urne – con questa legge elettorale – o un Berlusconi II che decapiterebbe il Presidente della Camera, condannandolo all’oblio.
22 novembre 2010