IL FUOCO DELL’ODIO

Prima di mani pulite tutti sapevano esistessero le mazzette, gli appalti truccati, lo scambio di voti. Anche l’uomo della strada era a conoscenza del sistema corrotto, non solo politico, ma anche giudiziario. Poi arrivarono le manette nel sistema dei partiti, anzi, solo per una parte di questi. Non si sconfisse la corruzione, ma il sistema di finanziamento illecito, il quale uscì dalla porta e rientrò dalla finestra. Si abbatté una intera classe politica e la magistratura acquisì di riflesso un primato su questa, si ammantò di un’aura nobile ed eroica, ma mai ebbe il coraggio di far pulizia al suo interno o di permettere venga riformata. Così nacque nel Paese e in Parlamento quell’area forcaiola, inaugurata in primis da Di Pietro, seguita a ruota anche da Grillo ed ora da FLI.

Un area alimentata da sostenitori che immaginano il politico come una specie di santo laico, votato sacrificalmente al bene pubblico, privo di interessi propri. Un’idea utopica e irrealistica, tant’è che nessun partito è privo di casi di peculato, malaffare, decomposizioni morali, ecc.
Se qualcuno potrebbe ben rappresentare questa figura eroica di homo publicus questo è Silvio Berlusconi, causa l’obiettiva impossibilità d’essere corruttibile. Proprio su questo e per questo si sono concentrati, invece, i maggiori attacchi politico-giudiziari. Talmente tanti che ormai l’attuale Presidente del Consiglio gode di una specie di impunità garantitagli dall’opinione pubblica stessa e dalla sua consistente base elettorale che gli permette di passare pressoché indenne attraverso qualsiasi accusa. Difficile immaginare uno scandalo che ora lo possa obbligare a rassegnare le dimissioni: ve ne sono stati talmente tanti, quasi sempre gonfiati ad arte, da essere ormai privi di credibilità e da ottundere l’arma dell’indignazione popolare.

Pure l’ultimo tentativo di spallata, quello che avrebbe dovuto essere il più devastante perché proveniente principalmente da frange interne ed organiche al partito stesso del Premier, si è infranto miserevolmente. Molti hanno gridato allo scandalo per gli episodi di saltaquaglismo, dimentichi però che alla causa della sconfitta dell’ultima congiura di palazzo è concorso un gentiluomo d’altri tempi come Silvano Moffa, il quale con il suo comportamento ineccepibile – dissenso, astensione, ingresso nel gruppo misto – ha sottolineato una decisione politica, non mercantile.

Gianbruto ne è uscito devastato e di fatto si è consegnato nelle mani di Casini, con una immagine compromessa forse irrecuperabilmente. Sono emersi comportamenti contraddittori e contrari ai suoi proclami iper-moralistici, tanto più odiosi in quanto di piccolo cabotaggio: l’appartamento di Montecarlo, la BMW, le concessioni in RAI alla suocera. Il tono impettito da fustigatore integerrimo dei comportamenti altrui ha fatto a pugni con una linea politica che non è stata per nulla nobile, ma ricattatoria e proterva, usando il manipolo dei suoi per sabotare l’esecutivo non per convinzione politica, ma per dimostrare d’essere necessario.

La sua condanna sarà l’oblio, processo di fatto già in corso, innescato dallo stesso Fini quando ha dichiarato dall’Annunziata che dopo il 14 dicembre sarebbe passato – comunque fosse andata – all’opposizione. Di conseguenza, nelle ospitate televisive, i conduttori alla Floris non potranno più chiamare furbescamente i finiani in quota all’esecutivo, ma dovranno diluirli, confondendoli nelle vaste schiere delle opposizioni. Bocchino, infatti, risulta già desaparecidos. Nel frattempo Campi e la Ventura hanno subito abbandonato la nave in balia della procella.

Sono sedici anni che le forze politiche anti-Cav. continuano ad insistere nello stesso identico errore di scadere nel più becero antiberlusconismo. FLI non ha fatto eccezione, bruciando l’iniziale interesse per le sue posizioni critiche e legittime nel fuoco dell’odio e nella demonizzazione del Premier. Non si è ancora capito che questi attacchi personali e moralistici altro non fanno che compattare le schiere degli elettori attorno al Cav, spingendo tra le sue braccia anche moderati che, invece solleticati da altri argomenti ed altri toni, forse prenderebbero altre direzioni. Berlusconi lo sa bene e continua a sollevare piccoli scandali con sue dichiarazioni in libertà, le opposizioni vi si accaniscono indignate cadendo nella trappola, lasciandolo così sotto i riflettori, consolidando e allargando il suo consenso.

Le forze di minoranza non sono state fin’ora in grado di opporsi se non con alleanze eterogenee e la costruzione di un Berlusconi mostruoso e mitologico, abdicando al ruolo di costruire una linea politica alternativa e credibile. Per l’anno che verrà non sembra profilarsi all’orizzonte un cambio di strategia e saremmo costretti ad occuparci di attacchi denigratori più che di politica, sullo sfondo di una situazione parlamentare solidamente precaria, in bilico verso possibili elezioni anticipate che, Lega a parte, nessuno realmente vuole.

Paolo Visnoviz
26 dicembre 2010

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