UN DITTATORE DA ELIMINARE

Puoi privarti di tutto, tranne che della terra.
La terra è l’unica cosa senza la quale non puoi far niente.
Se distruggessi le altre cose potresti rimediare, ma guardati dal distruggere la terra, perché allora perderesti tutto!
(Muammar Gheddafi)

Ci stanno coglionando. Parlo della Libia. Tutti affermano si tratta di una lotta per la libertà di quel popolo e l’informazione schierata a sinistra è entusiasta di questa ventata d’interventismo in difesa di una democrazia che forse verrà. Obama afferma «i libici devono essere protetti» e Sarkozy non perde tempo e scatena i jet. Gli americani iniziano a lanciare i missili a lunga gittata Cruise dalle navi.

Da tempo la stampa nazionale ed internazionale ha iniziato a fare il vuoto attorno a Gheddafi, dipingendolo come un feroce e sanguinario tiranno. Ma avete mai visto prove di questi supposti assassinii di massa? No, non ve ne sono. Aljazeera ha ben giocato le sue carte. Fin dall’inizio delle proteste e dei primi scontri ha raccontato di stragi, giungendo ad affermare vi sarebbero state fino a 10mila vittime. Ci hanno mostrato buchi nella sabbia vuoti, spacciandoli per fosse comuni. Ma nessuno poteva controllare: non c’erano altri giornalisti nel Paese.

In seguito, quando è arrivata la stampa internazionale si è dovuto ammettere – con un certo imbarazzo – che i morti sarebbero stati forse 400. Forse. Nessuno ha mai visto nemmeno quelli. Colpa del Colonnello che ha distrutto le tombe, bruciato i corpi, occultato tutto, si è detto. Forse. Ormai l’immagine di un Gheddaffi-sanguinario è passata e si è ben stampata nell’immaginario collettivo.

Tutti contro Gheddafi, il tiranno. Vero, indubbiamente un dittatore, ma da anni aveva abbandonato la via del terrorismo. Lockerbie è rimasta una terribile macchia sul suo curriculum, ma negli anni seguenti è rigato dritto e nessuno lo ha mai nemmeno accusato di finanziare frange eversive. Anzi, ha sempre tenuto la Libia fuori dai venti dell’integralismo.

La Libia del rais era un Paese dove c’era libertà di religione, non c’era differenza di genere e le ragazze accedevano tranquillamente alla scuola come pure i berber, altrove discriminati. (Per “berber” intendo tutti i discendenti delle popolazioni autoctone, non necessariamente libiche, antecedenti l’islamizzazione: tuareg, garamanti, beduini, kabili, ecc. È quindi errata la distinzione che viene fatta spesso sui quotidiani tra berberi e tuareg.) È stato Gheddafi a battersi affinché le popolazioni nomadi del deserto non fossero suscettibili ai confini in tutto il Sahara, potendo attraversarlo in tutte le sue sabbie senza preoccuparsi di sapere in quale nazione fossero.

Un dittatore che sognava la democrazia diretta, il “regime delle masse”, la Jamāhīriyya. Il suo libro verde è un miscuglio di socialismo e panarabismo con profonde influenze musulmane. Ha sempre inseguito il sogno di fare dell’Africa un continente forte ed unito, con metodi ed esiti a volte discutibili, procurandosi nemici lontani e vicini, ma certamente non con i campi di concentramento.

Se il regime di Gheddafi fosse stato così terribile e le condizioni della popolazione così tremende, è ben curioso non vi siano nel resto del mondo rifugiati o immigrati libici. I migranti sono sempre giunti da noi dal Marocco, dalla Tunisia, dall’Egitto e ancora dal Sudan, Eritrea, Senegal, Chad, Niger, ecc, ma mai dalla Libia. Tutt’ora, a guerra in corso, chi scappa dalla Libia sono gli immigrati. Sì, milioni di immigrati che dall’Egitto, dal Sudan, dal Chad e finanche dal Bangladesh erano giunti in questo Paese per lavorare. Milioni di cretini che andavano a mettersi nelle mani di un sanguinario tiranno.

Ci stanno coglionando, lo ripeto. E il nostro governo si è comportato in modo indegno, rinnegando una politica che, a fatica ma con successo, ci aveva riportato al centro del Mediterraneo. Abbiamo tradito un partner cui fino a ieri abbiamo giurato amicizia, pugnalandolo alle spalle. Ci siamo comportati come la solita italietta balbettante, incapace del coraggio di una politica estera autonoma. L’unico che ha avuto il coraggio di distinguersi è stato Bossi. Tutti gli altri applaudono e seguono come pecore l’invasione militare di un Paese sovrano, anzi reclamando maggiori compiti.

Non credo ad un leader asserragliato nel suo bunker, difeso da un manipolo di fedelissimi. È vero il contrario, la maggior parte della popolazione è con lui, lo è sempre stata. E altri, dentro e fuori i confini, lo seguiranno ora che gli si è regalato un nemico esterno, il tanto odiato cane infedele che viene a profanare il sacro suolo dell’Islam.

Spero proprio i grandi strateghi occidentali sappiano cosa stiano facendo, perché così rischiano di spaccare la Libia in due, con il pericolo di incancrenire la situazione per lungo tempo a venire. Nessuno riuscirà a liquidare il rais, a meno di un attacco di terra da parte della coalizione arabo-americana-europea. Non saranno certamente quei quattro gatti disorganizzati di ribelli a togliere le castagne dal fuoco all’Occidente.

Ma se la situazione non si sbloccherà in breve tempo i russi potrebbero decidere di aiutare Gheddafi e questo potrebbe allearsi anche con Alqaeda per uscire dall’accerchiamento. Se la situazione non si risolverà in pochi giorni aspettiamoci esiti imprevedibili e, nel medio e lungo periodo, una recrudescenza del terrorismo.

Paolo Visnoviz, 19 marzo 2011

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