AVANTI GIOVANI!

Recentemente in Parlamento è passata un Ddl che spalanca le porte della Camera ai maggiorenni di anni 18 e del Senato a quelli di anni 25. Disegno legge fortemente voluto da Giorgia Meloni che ha dichiarato «chi ha meno di 40 anni non ha diritto di piena cittadinanza», il ministro ha affermato che si trattava di una «barriera» da rimuovere, perché «indebolisce il peso specifico dei giovani». Il percorso per la sua trasformazione in legge si presenta lungo, ma non accidentato data la convergenza anche delle opposizioni e i pochissimi distinguo esistenti.

È da tempo che si parla di svecchiare anagraficamente politica e istituzioni, basti pensare ai rottamatori di Renzi, movimento di intenzioni diverse dalle sezioni giovanili esistenti da sempre in ogni area politica. Dai Balilla al Fronte della Gioventù, dall’Aci all’Acli, dalla Fgci ai Giovani Democratici, ecc. Una infinità di sigle caratterizzate tutte da un limite anagrafico. Queste associazioni sono sempre state il vivaio naturale dei partiti di riferimento, delle palestre politiche. Oggi invece la giovinezza è divenuta sinonimo di innovazione, valore tout court, esondando dai ruoli d’immagine che, altrettanto scioccamente, le erano sempre naturalmente appartenuti.

La battaglia anagrafica è simile, per stolidità, a quella sulle quote rosa. Nulla è infatti più distante dal valore del merito che non sostituire il merito stesso con dei parametri che nulla hanno a che vedere con questo.

Di converso, la non più giovane età ha perso la sinonimia di esperienza e saggezza, divenendo immobilismo e vecchiume. Non più persone preziose, serbatoi di conoscenza, temperate dagli errori compiuti e arricchiti dall’esperienza della vita, ma semplici scarti di un mondo fallace, guardiani che impediscono l’attraversamento della soglia spalancata su un mondo nuovo.

Ovviamente non contesto l’abbattimento del limite d’età per l’accesso al Parlamento, sarebbe comunque una discriminazione; quello cui guardo con diffidenza è l’associazione automatica giuventù-nuove idee. A ben vedere è vero il contrario.

Una delle componenti giovanili più chiassose della nostro Paese è certamente il movimento Viola, ma proprio da questo non si nota alcuna spinta verso idee nuove e di rottura dall’esistente. Anzi, sembra arroccato su posizioni reazionarie, abbarbicato a difesa di una Carta Costituzionale specchio della società del 1947, quindi frutto di compromessi d’antan. Molto più rivoluzionario, almeno nelle intenzioni, risulta il Cav. che da tempo vorrebbe riformare – senza riuscirci – lo Stato, proprio a partire dalla Costituzione liberandola da quegli orpelli che la rendono vetusta e inadeguata ad affrontare un mondo nuovo. Assistiamo così ad una rappresentazione degna del teatro dell’assurdo e ad uno scambio di ruoli, dove le frange giovanili più arrabbiate difendono le norme che fanno da impiantito ad un mondo che però contestano, mentre chi detiene il potere – a quasi 75 anni – vorrebbe rovesciare il tavolo rivoluzionando le regole fondanti.

In verità in tutto ciò la contraddizione è apparente. Da un lato solo chi si è logorato nel potere (esercitandolo o subendolo), ne ha conosciuto i limiti, si è confrontato con la Storia, ha visto gli esiti di idee, ideali e ideologie è in grado di immaginare la Società che verrà; dall’altro ci sono dei giovani di buona volontà, di facili infiammabili entusiasmi, che sono stati strumentalizzati – perché ancora privi di una coscienza critica e di un sufficiente bagaglio di disillusioni – facendo creder loro bisogni difendere lo status quo per impedire una regressione e la perdita della democrazia.

Rimane la sensazione che questo Ddl sia soltanto funzionale a prossime campagne elettorali, infatti pochi sono i ragazzi che a 25 anni, figuriamoci a 18, hanno completato il loro percorso formativo e intrapreso una carriera politica in grado di trasportarli addirittura alla Camera o al Senato. Guardandosi attorno sembra piuttosto di assistere ad una dilatazione del concetto di giovinezza almeno fino ai trent’anni e oltre. Lo si può facilmente evincere dalle cronache, dallo stile di vita, dal conseguimento di una propria indipendenza e dalla formazione di una nuova famiglia con prole. Amesso e non concesso quest’ultimo aspetto abbia ancora significato e si traduca nel riconoscimento automatico d’assunzione di responsabilità e di conseguimento della maturità. Mio padre – classe 1930 – a 23 anni era già sposato con due figli a carico, oggi non sono rare le donne che partoriscono per la prima e probabilmente ultima volta a 40 anni.

L’aspettativa di vita si è allungata, la società è divenuta più complessa richiedendo mansioni che esigono una preparazione specializzata e quindi con dei processi formativi più lunghi e siamo sempre meno vincolati alla nostra età biologica. Quindi, mentre il mondo va in tutt’altra direzione, proprio non si comprende la frettolosa necessità di sacrificare a Iuventas quello che apparterrebbe a Minerva.

Paolo Visnoviz, 19 aprile 2011
Zona di frontiera (Facebook) – zonadifrontiera.org (Sito Web)

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