SI CACCI IL TIRANNO

Scommessa persa, la mia. Grassa partecipazione, quorum raggiunto e adesso? Nel merito dei referendum si è detto tanto e l’esito scontato della vittoria dei sì, dopo una così massiccia partecipazione, significa che gli italiani se ne sono fregati delle contraddizioni marchianamente evidenziate dalle posizioni di Di Pietro e Bersani: oggi contrari a loro stessi solo ieri, disposti a evirarsi pur di far dispetto alla moglie.

La primavera è quasi passata, non odora più di gelsomino, ma di tiglio e con il cambiar di profumo non parimenti mutano l’irrazionalità e l’inconcretezza. Si abbatta il tiranno, quindi, poi si vedrà. E come, di grazia, con questo referendum? Impossibile separare il grano dal loglio, a meno di non considerare i voti di Zaia, Storace e perfino Maroni – quindi pure il loro contributo al raggiungimento del quorum – come determinazione antiberlusconiana.

Ma è indubbio il clima nel Paese sia cambiato, la vittoria delle opposizioni alle amministrative ha mostrato che Berlusconi non è invincibile e il referendum indubbiamente l’ha confermato. Più di questo sono significativi segnali l’uscita di Micciché dalla compagine pidiellina, il listino autonomo della Polverini, i tanti mugugni, l’assedio a Tremonti e le esternazioni di Bossi. Fine corsa, quindi. La richiesta di verifica parlamentare inoltrata da Napolitano – apparentemente sorprendente, ma non casuale – diventa quindi molto spinosa.

La strada della negoziazione ad oltranza percorsa dal governo ha portato al suo stesso totale logoramento. Berlusconi avrebbe dovuto rimettere il mandato al primo decreto respinto da Napolitano o alla prima legge affondata dalla Consulta, dimostrando l’impossibilità a governare per ritornare dagli elettori, tentando così di mettere nell’angolo quella fanghiglia di poteri che vogliono l’Italia immota. Invece si è dato fondo al cerchiobottismo, con passo obliquo si è giunti ai disastri della Libia, si è portato vanto dei fondi straordinari profusi per la cassa integrazione e si è governato poco e male, deludendo le aspettative di molti elettori del centro-destra. Ma è facile dire questo ora, con il senno di poi, quando il Paese ha dimostrato inequivocabilmente una folle deriva statalista che rischierà di precipitarci in tragedie greche.

L’assenza di alternative – a destra come a sinistra – non preoccupa, l’importante è che se ne vada l’odiato tiranno. Poi Dio vede e provvede. Con una simile frammentazione facile immaginare tra le priorità una riforma elettorale in direzione proporzionale. Sarebbe un disastro, l’istituzionalizzazione delle paludi più vischiose del consociativismo, una macchina del tempo che ci riporterebbe alla prima Repubblica, ma non è così che ci verrà raccontata.

Quando Berlusconi cadrà, immediatamente – complici le ben note corazzate dell’informazione –, si inizierà a respirare un’altra aria, meno plumbea e pesante. Per anni potranno imputare ogni disastro all’attuale governo, giustificando qualsiasi scelta, anche la più impopolare. Sarà un nuovo profumo nell’aria, inebriante e, poco importa, inconcludente. Hanno già iniziato. Questa mattina RadioRai ha avuto la gentilezza di svegliarmi con “La libertà” di Giorgio Gaber. E il ritornello “… la libertà è partecipazione…” sapeva tanto di chiamata alle armi. Up patriots to arms, è giunto il momento, si cacci il tiranno…

Paolo Visnoviz, 13 giugno 2011
Zona di frontiera (Facebook) – zonadifrontiera.org (Sito Web)

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