Le tesi propugnate dai soliti noti secondo cui i black bloc sarebbero infiltrati della polizia sono un disperato tentativo di non voler guardare in faccia la realtà e sono smentite da numerose testimonianze. L’area di connivenza tra i vari movimenti – sedicenti pacifici -, i No Tav, i centri sociali e i teppisti in nero risulta quindi piuttosto liquida e non manca neppure responsabilità a livello politico. Molti esponenti dopo le devastazioni della capitale, Di Pietro, Vendola, Diliberto e qualche esponente del Pd si sono immediatamente smarcati e hanno denunciato gli episodi violenti, ma fino al giorno prima blandivano gli indignados.
Credere che i black bloc siano controllati da fantomatiche forze governative per far affondare i vari movimenti più o meno spontanei – no global, onde varie, indignados – è becero complottismo, non privo di risvolti comici e assegna a quest’area del dissenso un’importanza che non ha.
Una, dieci, cento manifestazioni di 100mila – ma nemmeno di 1 milione di persone -, non puossono di certo preoccupare (a parte sfracassare ulteriormente le giberne ai cittadini romani), quindi perché mai qualcuno dovrebbe adoperarsi di screditarle, infiltrandovi dei violenti? Gli schiamazzi di piazza sono semmai un sintomo, una forte denuncia di un malessere collettivo, questo nessuno lo nega, ma non una minaccia.
Gli indignados-imbecilli (da bàktérion – bàculum – im-bacillum, ovvero senza bastone, quindi disarmati, non violenti, ma qui inteso anche come deboli e fiacchi ed ora spiegherò perché), quelli che volevano manifestare pacificamente e, ne sono certo, la maggioranza, non potranno incidere nella società civile se non daranno altro spessore alle loro proteste.
Manifestare, accamparsi, indignarsi rimane un esercizio sterile e fine a sé stesso se chi protesta non è in grado di indicare soluzioni alternative. Ma da questi movimenti mai è giunta una proposta nuova e degna di considerazione. Quanto espongono – da Tel Aviv a Londra, da Madrid a Roma – è un pensiero debole, vecchio, ammantato di un marxismo sconfitto dalla storia, incapace quindi di immaginare metodi credibili per un mondo nuovo, dando l’impressione di non sapere nemmeno cosa volere.
Per questo l’Onda, il Popolo Viola (ormai spacchettato in mille fazioni), ed oggi gli Indignados – nomi diversi per soggetti sovrapponibili – non rappresentano un pericolo, non avendo la capacità per mancanza di idee e leader di trasformarsi da movimento di protesta in uno rivoluzionario.
Proprio queste caratteristiche espongono gli indignados ad essere strumentalizzati o schiacciati su posizioni estremiste, come gira il vento. La presenza dei black bloc non è quindi indotta, ma è causata della mancanza di una connotazione identitaria del movimento stesso.
Perché in Italia e non nel resto del mondo? Per una serie di concause. Da noi i centri sociali, ampiamente tollerati, sono dei laboratori di violenza. Le forze dell’ordine non hanno libertà di reazione a causa di certa stampa e magistratura, di conseguenza i black bloc corrono pochi rischi. Gli indignados-imbecilli, invece, non sono veri indignados, ma sono drogati dal clima del Paese e parte anch’essi della lotta contro Berlusconi. Non un avversario politico, ma l’incarnazione del male, da abbattere con ogni mezzo. Forse dopo i fattacci di Roma cambieranno ancora nome, ma saranno sempre loro, ancora lì alla prossima manifestazione per l’acqua, per il debito, per la scuola o qualsiasi altro pretesto per combattere in realtà, ancora e sempre, er puzzone.
Paolo Visnoviz, 17 ottobre 2011
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