“Monti è l’ancora che il Quirinale ha preparato per il Paese, sono quattro mesi che lavora al programma, ormai è pronto”. Così ha affermato oggi Giacomo Vaciago, vicino al neo-senatore e premier in pectore.
Ovvero, mentre in Italia si cercava di correre ai ripari con una ridicola manovra di luglio, la guerra di Libia era impaludata anche se segnata nel suo destino fin dall’inizio, 188 agenti rimanevano feriti dagli scontri con i No Tav, veniva chiesto l’arresto di Marco Milanese, ecc… ebbene, il prof. Mario Monti stava già lavorando ad un programma di governo. Nei ritagli di tempo scriveva editoriali per il Corriere della Sera: 11 luglio Quel che serve davvero al Paese: riorientare la politica economica, 7 agosto Il podestà forestiero, 11 agosto Un nuovo governo dell’economia. Rileggerli oggi è come farlo per la prima volta, cambiano di prospettiva, divenendo non più autorevoli opinioni, ma ineluttabile destino nazionale.
Mario Monti ben rappresenta l’establishment politico-economico più potente a livello mondiale: ex presidente europeo della Commissione Trilaterale (fondata da David Rockefeller), membro effettivo (non un invitato di passaggio) del comitato direttivo del Gruppo Bilderberg, Advisor per Goldman Sachs, supporter del gruppo Spinelli e presidente dell’Università Bocconi.
Mario Monti non è altro che un ulteriore tassello al posto giusto, e la sua inevitabile nomina seguirà di poco quella di Lucas Papademos, nuovo primo ministro greco. I curricula non sono simili, ma l’imprinting è identico. Anche il neo-premier greco è un europeista convinto, uscito dal Mit di Boston, dopo una carriera accademica presso la Columbia University è approdato alla Federal Reserve Bank. È stato per otto anni vicepresidente della Banca Centrale Europea.
Senza accarezzare tesi complottiste di certo però questi uomini sono dei garanti del mondo finanziario, delle agenzie di rating, dei grandi potentati economici che hanno la facoltà di creare e distruggere, di far salire e scendere gli indici e di condizionare le economie di intere nazioni. Sono cioè il problema e la soluzione dello stesso. Contemporaneamente.
L’impressione che se ne ricava è che i vari Obama, Merkel, Sarkozy che affollano le prime pagine dei giornali altro non siano che delle comparse, degli utili idioti assunti per recitare una parte, per distrarre il pubblico distogliendo l’attenzione da chi in realtà, senza alcun clamore, decide i destini di interi popoli.
Quattro mesi fa Mario Monti già sapeva che avrebbe dovuto guidare l’Italia, mentre Berlusconi si disperava per il Lodo Mondadori che condannava in appello la Fininvest a pagare 560 milioni a De Benedetti. Come immaginare che Berlusconi, anomalia politica, mai entrato nei salotti che contano, possa opporsi ad un governo Monti? Non avesse compreso l’antifona è già pronta la condanna successiva, quella della Corte di giustizia dell’Unione Europea, relativa ai decoder digitali terrestri qualificati come “aiuti di stato”.
Non c’è però nulla di cui preoccuparsi: oggi Piazza Affari è stata la migliore in Europa, lo spread progressivamente scenderà, i dati dell’economia inizieranno a risalire. Non subito, non automaticamente, ci saranno le riforme da fare: quelle della lettera della Bce. Intanto però l’aria è già cambiata. A chi non si adeguerà toccherà il metodo Repubblica/Corriere, basta vedere come sia stato trattato Di Pietro, oggi.
Ecco, cari signori, adesso è chiaro con chi è alleato De Benedetti, la sinistra progressista, il nostro stimatissimo Presidente della Repubblica? È chiaro con chi avremo a che fare?
Che forza però quell’incosciente di Berlusconi! È stato sconfitto, è finito, politicamente sepolto, ma per 18 anni ha fatto vedere i sorci verdi a tutti, quasi come Gheddafi.
Paolo Visnoviz, 10 novembre 2011
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