Sì ma di noi si può fare senza…
È tutto un grande addio,
un giorno Gondrand passerà,
te lo dico io, con il camion giallo porterà
via tutto quanto e poi più niente resterà
del nostro mondo…
(Paolo Conte)
Lo zoo dell’informazione ha sempre bisogno di nuove attrazioni, così mentre l’edizione del Times statunitense si accontenta di mettere in copertina due bei cani, quella europea ha pensato di glorificare Mario Monti, stupor mundi. Lungi da me il solo pensare di paragonare l’amatissimo nostro Premier ad un animale da zoo. Me ne guarderei bene, anche perché non si fa in tempo a scrivere «Monti Bufi» che si rischiano tre anni di galera. Dicono volessero scrivere «Monti Buffone». Al massimo avrebbero potuto scrivere «Monti Bufino».
Diminutivo che non vale sconti alle accuse d’imbrattamento e vilipendio dell’istituzione. Avessero adottato solo qualche mese fa identico inflessibile criterio nei confronti della medesima istituzione avremmo dovuto affittare l’intera Libia da usare come carcere. Schettino, con i suoi 2697 minacciati anni di carcere sarebbe stato considerato un dilettante, sorpassato di gran lunga da un Travaglio qualsiasi. Vicenda paradigmatica di come le leggi, le istituzioni, il rispetto delle stesse vengano interpretate in questo Paese: ad uso e consumo di famigli, amici, sodali di casta e a volte persino contro sé stesse. Hadíth significati dalla tribù momentaneamente significante.
Leggi, Istituzioni, Costituzione… tutto di caucciù, da tirare da un lato o dall’altro a seconda dei casi e delle convenienze. Proprio per questo è necessario cambiarle. A partire dall’art. 1 della Costituzione: “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”, facendo così intendere che il lavoro sia un diritto da elargire e da ottenere, invece di riflettere quanto in verità è: una semplice, fisiologica necessità. Una Carta esprime principi che non sono gratuiti o retorici, ma insinuano il pensiero ed innervano la società, riflettendosi nelle azioni quotidiane, stabilendo una diffusa accettazione di un comune senso condiviso. Falsi principi creano società fallimentari, che inseguono finti miti. Ma è vero pure il contrario, per questo il primo articolo della Costituzione dovrebbe affermare, prima di ogni altro principio: “L’Italia è una Nazione fondata sulla libertà”. Sarebbe un enorme passo in avanti, spazzando via tante inutili discussioni, riconducendole all’unico vero e primigenio valore universale, pertanto individuale, collettivo, uroborico.
Mentre la stampa incensa il nostro stupor mundi, descrivendo l’incredibile successo della tappa statunitense e sottolineando come il mondo ci consideri salvatori d’Europa, S&P taglia il rating di 34 banche italiane, ma la notizia finisce, certamente incidentalmente, solo nelle barbose pagine economiche.
Evidentemente a S&P non si sono fatti contagiare dal nostro entusiasmo per qualche notaio e farmacia in più. Da tempo, tra le tante lotte di destra e di sinistra, è sparito tra le nebbie pure l’antico cavallo di battaglia prodiano per la riduzione del “cuneo fiscale”, sostituito dalla caccia all’evasore, ultimo parafulmine che consente di continuare impunemente gli innumerevoli ladrocini di Stato.
Monti continua a ripetere, con intenti ipnotici, che l’Italia ce la farà, che ce la farà pure la Grecia (attualmente in fiamme) e di conseguenza ce la farà anche l’Europa. Per il momento non si scorge all’orizzonte alcuna politica industriale, anche perché l’unica cosa di cui hanno bisogno aziende, artigiani e commercianti è meno tasse, meno burocrazia e più infrastrutture. Regole talmente ovvie e semplici da essere considerate puerili dai professori che preferiscono ricorrere ad aumentare il debito con il “fondo salva stati”, che all’Italia costerà 125 miliardi di Euro. A questo servono i sacrifici. Ad aumentare un debito che sarà onorato con la cessione di ulteriore sovranità.
È la strada che da tempo si percorre, verso un Europa economico-finanziaria che sul suo altare sacrifica genti, industrie, ricchezze, senza che nessun popolo lo voglia, senza sapere il perché, verso il nulla. Avanti tutta, direzione Europa che non c’è, con un professore nei panni di Capitan Uncino, ché Pan è morto da tanto e nessun Peter ancora si vede.
Paolo Visnoviz, 11 febbraio 2011
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