Bersani dichiara: “Non cambia nulla, non ce la fa”, intendendo che Berlusconi non riuscirà a Governare con l’esigua maggioranza che ha votato contro la sfiducia presentata alla Camera. Il Presidente del PD fa finta di non sapere la partita in gioco fosse un’altra, una partita non solo d’odio messa in campo dal presidente della Camera, ma una sfida che avrebbe ridisegnato le forze e gli equilibri dell’opposizione, rafforzando Fini e facendone naturale leader di riferimento. Colui il quale avrebbe dovuto essere il killer di Berlusconi si è invece trasformato in vittima. In primo luogo di sé stesso e dei suoi continui cambi di strategia, mentre Berlusconi lo ha aspettato immoto sul terreno dello scontro che aveva fin dall’inizio chiesto: il Parlamento. Una sonora lezione per Fini e ne escono ridimensionati i suoi ditini alzati, le ambizioni terzopoliste, sbugiardandolo dentro e fuori i patri confini. Di fatto FLI stessa ne ha subito un duro contraccolpo, perdendo pezzi e dividendosi al suo interno, con Moffa che ha votato la sfiducia chiedendo però le dimissioni di Bocchino.
Ora Berlusconi si ritrova con le mani libere, con la possibilità di cercare di allargare il suo Governo tentando di includere altre forze, pescando nel centro e spaccando ancor di più l’opposizione finiana o di presentarsi al Colle chiedendo il voto, certo che un governo tecnico non si possa più realizzare.
Le cassandre che da settimane hanno profetizzato Berlusconi e il berlusconismo fossero finiti sono state smentite nel modo più bruciante e se incomincia una parabola discendente è invece quella di Fini. Ha usato la carica istituzionale come arma impropria, facendo leva su questa per colpire ancora con più forza l’odiato Berlusconi e, dato che ora ha pure fallito l’obiettivo, chiedere le sue dimissioni dalla Presidenza della Camera è l’obiettivo minimo. Il Presidente della Repubblica su questo potrebbe, anzi dovrebbe, pronunciarsi.
Quello che si avverte chiaramente e non può non preoccupare è il clima di intolleranza di cui gli scontri dentro e fuori dall’aula ne sono testimonianza. Da tempo gli insulti verso il Premier, Ministri di questo Governo e relativi sostenitori sono una costante e di giorno in giorno si fanno più intensi, frequenti e violenti. Sono espressioni di frange che non accettano le regole democratiche, che vorrebbero la dittatura delle minoranze; non vedono nell’altro un avversario politico, ma un nemico da abbattere e i discorsi alla Camera di Bocchino e Di Pietro altro non sono che benzina sul fuoco.
Fini, subito dopo il voto alla Camera, ha bollato quella di Berlusconi come una “Vittoria numerica, non politica”. Può darsi, anche se la politica è fatta di numeri, maggioranze e minoranze; di certo però per Fini è disfatta totale: politica e numerica.
Pubblicato su Freedom24
14 dicembre 2010