GIANLUIGI NUZZI: LA LEGALITÀ NON È DI PARTE

Le critiche che ho mosso a “Metastasi” sono solo un aspetto di una valutazione complessiva delle Sue posizioni quali quelle da Lei espresse su Ciancimino, l’accordo Stato/mafia, ecc. Opinioni – ovviamente legittime – che però sembrano a volte più vicine a quelle di Travaglio e Santoro piuttosto che a quelle di “Libero”, quotidiano per il quale scrive.
Facciamo chiarezza. La prima intervista che Ciancimino rilascia la fa con me per “Panorama”, quindi ad una testata di stampo liberale o di centro-destra se si vuole, raccontando dell’ing. Lo Verde e del fatto che suo padre avesse ripetutamente incontrato Provenzano. Credo fosse dicembre del 2008. Proprio in seguito a quella intervista Ciancimino fu convocato dalle procure di Palermo e Caltanissetta dove iniziò a parlare. Il suo racconto su Provenzano, verificato dalle procure, ha consentito una indubbia svolta per le indagini sulla latitanza del boss di cosa nostra. Però una persona che ha delle cose da raccontare dovrebbe andare prima dalla magistratura e sarà poi questa a valutare la veridicità di quello che ha da dire. Posizione che ho sempre espresso, anche pubblicamente, criticando inoltre le sue dichiarazioni rateali.

Ricordo una puntata di “Anno Zero”, cui partecipò, dove il suo atteggiamento nei riguardi di Ciancimino (presente anch’egli) fu piuttosto bonario…
Bonario? Proprio in quella trasmissione gli ho detto molto chiaramente, invece, che avrebbe dovuto fare il nome di questo fantomatico Sig. Franco. Ciancimino, da un punto di vista umano, lo considero un po’ megalomane e l’ho sempre affermato. Si è definitivamente compromesso dopo aver attaccato scapestratamente Gianni de Gennaro.

In effetti è curioso che le intercettazioni di Ciancimino siano uscite sulla stampa subito dopo…
Questo non lo so, di certo quelle frasi non doveva pronunciarle. Ogni caso è a sé e l’attendibilità di un pentito non si valuta con opinioni personali o sensazioni, ma in modo tecnico e Ciancimino ora risulta indagato per riciclaggio. Un altro pentito sul quale ho avuto riserve amplissime è Spatuzza, avendolo sempre considerato inaffidabile, come del resto verificato pure in sede processuale dove non è nemmeno stato inserito nel dibattimento contro Dell’Utri. Tra Ciancimino e Giuseppe Di Bella, per esempio, quest’ultimo risulta di gran lunga più attendibile. Di Bella ha capitalizzato al massimo le sue dichiarazioni di pentito e – fino ad oggi – le sue affermazioni sono sempre state riscontrate. Ciancimino, invece, non è mai stato un collaboratore di giustizia, ma un semplice dichiarante.

È un discorso piuttosto ampio e che investe tutta la gestione dei pentiti e l’uso che ne è stato fatto, non sempre trasparente…
Con Metastasi ho dovuto prendere una decisione: o pubblicavo il libro o queste dichiarazioni le mettevo in un cassetto, tradendo la mia professione. Ho preferito andare in stampa, con le dovute avvertenze, ben segnalando che quanto è stato scritto è frutto delle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia e che tutte le persone nominate fossero innocenti fino a prova contraria. Prima trasmettendo tutto alla magistratura.

Qualche domanda sul perché Di Bella si sia rimesso a parlare bisogna però porsela…

C’è stata una rottura nell’equilibrio di Giuseppe Di Bella, rappresentata dalla perdita della moglie e individuandone la causa nella burocrazia giudiziaria. Gli è stato impedito di recarsi all’estero per curarla opportunamente, non è stato concesso ai suoi genitori di salutarla mentre era morente e addirittura è stata limitata la partecipazione di Di Bella alla funzione funebre. Questo, unito al fatto di ritrovarsi a crescere da solo un ragazzino di undici anni e alla vita randagia che è stato costretto a fare negli ultimi dieci anni, rende plausibile abbia voluto eseguire l’ultima volontà della moglie. In punto di morte gli aveva chiesto di liberarsi completamente del suo passato di malvivente per dare a suo figlio un futuro diverso. Una scelta non dettata quindi da alcun tornaconto personale, non è infatti sua intenzione ritornare sotto protezione, gli unici suoi desideri sono quelli di trovare un lavoro e di non dover più essere obbligato a traslocare ancora. Nei rilievi fatti a “Metastasi” hai riportato solo le dichiarazioni di un maresciallo e di un procuratore, ma non hai però detto che l’attendibilità di Di Bella è data da magistrati come Galileo Proietto, Alberto Cisterna e le relative sentenze. Processi che hanno messo dietro le sbarre centinaia di malviventi. Hai dato un tuo taglio, ponendo in rilievo solo gli elementi a sostegno delle tue tesi. L’altra critica rivoltami, quella di aver intessuto la narrazione del Di Bella quasi in chiave romanzesca, nasce in realtà dalla necessità di raccontare un argomento ostico come questo in modo più fruibile, di avvicinare a tali vicende il maggior numero di persone possibili, senza mutilare la verità. Infatti per la prima volta si parla di ‘ndrangheta a tutti i livelli e per la prima volta si tratta di certi argomenti senza che a narrarli siano i soliti paladini. La legalità, l’antimafia, l’indignazione per la corruzione devono essere patrimonio di tutti, non di una sola parte politica che vuole aggregare a sé certi argomenti in chiave monopolistica.

Castelli è stato molto duro con Di Bella.
Castelli ha detto che il protagonista di “Metastasi” è un tossico e un alcolista. Di Bella si è recato in ospedale ed ha fatto tutto le analisi necessarie, anche quelle retroattive per certificare il fatto non solo non si droghi, ma nemmeno usi alcolici. Esami alla mano ha dichiarato sporgerà querela nei confronti del sanatore leghista. Comunque se fosse stato tossicodipendente o alcolista mai avrebbe potuto divenire collaboratore di giustizia.

Qualche motivo di arrabbiarsi Castelli però c’è l’ha.
Castelli l’ha presa male, ma in realtà Di Bella non ha detto nulla di stratosferico, ha solo affermato di averlo visto parlare assieme a Franco Coco Trovato, che all’epoca era rispettato in città. Posso capire le rimostranze di Stucchi, ma non quelle di Castelli. Probabilmente la Lega ha reagito in questo modo sull’onda delle dichiarazioni di Saviano. Ma Saviano ha detto una cazzata. Dire che la Lega interloquisce con la ‘ndrangheta è una strumentalizzazione bieca ed infame, perché le responsabilità sono personali, non di un intero partito.

I rapimenti degli anni ’70 e ’80 sono stati uno strumento di pressione al sistema politico?
Non sono io a dirlo, ma Filippo Barreca, il pentito di ‘ndrangheta più importante lo Stato abbia mai avuto. Afferma che ad un certo punto i sequestri non fossero più stati compiuti per fare soldi – ne facevano di più con il traffico di droga – ma venivano eseguiti per aprire dei canali di dialogo con le istituzioni. Io credo una trattativa con lo Stato ci sia, ne sono convinto, non è pensabile che una organizzazione che fattura 44 miliardi di Euro non dialoghi con il potere, indipendentemente dal colore del momento. È una cosa che vedo tutti i giorni dove, lavorando quotidianamente a fianco di forze dell’ordine e magistratura, risulta palpabile la paura che la ‘ndrangheta possa scatenare una guerra. È immaginabile cosa vorrebbero dire 200 morti per mafia a Milano, causerebbero una crisi delle istituzioni, significherebbe che Berlusconi verrebbe mandato a casa. Hanno arsenali, missili, sono in grado di abbattere aerei, altro che Al Qaeda! Questi vogliono continuare a fare i propri affari senza essere disturbati. È tragico ma è così, bisognerebbe invece estendere le leggi antiterrorismo anche ai narcotrafficanti. Per capire quali sono le mafie che veramente contano non si deve guardare a Milano, Roma, in Aspromonte o Casal di Principe, ma a Bogotà. Lì si vede chi sono i veri interlocutori del narcotraffico e non sono di certo i casalesi, ma i calabresi. Questi sono talmente potenti da assumersi il rischio del trasporto della droga, arrivando a costruire gli aeroporti necessari in Africa. Per questo io credo a Barreca e credo la nostra democrazia abbia delle “black rooms”, delle camere di compensazione del potere, di tutti i poteri. Ma nessuno ha il coraggio di dire questo, mentre è più facile prendersela con un nemico che può essere Berlusconi o Dell’Utri, anche perché affrontare questi argomenti porta alla logica conseguenza di chiedersi che fare. Si vuole fare una guerra a questi? E chi ha il coraggio di farla?

La Sua posizione su Ganzer.
Ganzer dovrebbe dimettersi, anche fosse innocente. Così si dovrebbe fare in un sistema che funziona e se per caso dovesse risultare innocente ad andare in galera dovrebbe essere il magistrato che lo ha infamato, pagando di suo.

Ma lo sappiamo che così non è…
Questo è il problema…

Ingroia e altri magistrati. Com’è possibile che dietro ai processi Contrada, Mori, Capitano Ultimo, ecc, ci siano sempre di mezzo loro?
Esistono dei magistrati che non fanno mistero delle loro simpatie politiche. È inaccettabile che Ingroia abbia inizialmente acconsentito di partecipare ad un dibattito organizzato dall’IDV. Non si può indagare su Dell’Utri e Berlusconi e poi andare ad un congresso di una forza politica che vuole abbattere proprio Berlusconi.

Cambiamo completamente argomento. L’attentato di Fini è una sparata folle oppure Belpietro ha veramente qualcosa in mano?
Belpietro ti sembra un folle?

Direi proprio di no.
Allora ti sei risposto da solo. Ho scritto un fondo su questa vicenda, difendendo Belpietro, tra l’altro beccandomi del servo da Travaglio. Evidentemente Travaglio crede che io difenda Belpietro perché miro ad una promozione. Certo, dopo vent’anni che conosco Maurizio ho bisogno di un articolo per farmi bello con lui. Piuttosto su questa vicenda credo di saperne più di Travaglio e non prendo le parti di Belpietro – che non ne ha bisogno in quanto è un giornalista accorto – per semplice amicizia.

C’entra forse Feltri e il solito arrivo con il “botto”?
No, Vittorio non vi entra per nulla. Questa è una vicenda incredibile, Maurizio ha valutato tutte le ipotesi e non poteva far altro che pubblicare e avvisare la magistratura.


Il 50% dei proventi di “Vaticano SpA” è stato devoluto in beneficienza. A Gianluigi Nuzzi questa telefonata è costata quasi un’ora del suo tempo, intralciandolo – immagino non poco – nel pieno del preparativo del veglione di fine d’anno, prendendosi la briga di spiegare le sue ragioni ad uno sconosciuto proto-blogger quale io sono. Non so quanti scrittori e giornalisti di grido, quale Nuzzi è, avrebbero fatto altrettanto. A lui quindi rivolgo il mio personale ringraziamento.

Paolo Visnoviz
4 gennaio 2011

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