Il giorno del giudizio è andato in onda. Lo scontro tra Fini e Berlusconi si è consumato sotto gli occhi di tutti ed è stato molto duro. Il discorso di Fini, dai suoi sostenitori salutato come quello di un importante statista, è sembrato a tratti timoroso e attento a non uscire troppo dal lecito; in equilibrio tra la necessità di ribadire il dissenso e quella di non offrire il fianco ad errori ed eccessi che, di fronte ad una platea ostile, avrebbe significato l’immediata richiesta delle sue dimissioni.
La replica di Berlusconi a Fini avrebbe dovuto, secondo programma, giungere nel pomeriggio. Invece è stata fatta a caldo e a braccio, subito dopo l’intervento del Presidente della Camera. Replica che non si è fatta distrarre dagli argomenti accampati nel lungo discorso di Fini, ma che ha attaccato subito il nocciolo del problema: il comportamento di Fini stesso e le modalità con cui questi ha espresso e continua ad esprimere il suo dissenso.
Tutte le obiezioni di Gianfranco sono crollate come un castello di carte e sono sembrate pretestuose. All’accusa di appiattimento del Pdl sulle posizioni della Lega è stato opposto il mutamento di rotta proprio di Fini; alla mancata abolizione delle provincie è stato evidenziato che, come da programma, verranno soppresse solo quelle inutili in quanto non presenterebbero un significativo risparmio (i capitolati di spesa passerebbero semplicemente ai Comuni o alle Regioni). Per il problema dell’assetto politico siciliano è stato svelato che anche Fini avrebbe pesanti responsabilità della confusa situazione, attraverso uomini a lui riconducibili. A questo si è scelto, logicamente ed opportunamente, di non porre mano in periodo di campagna elettorale. Sul federalismo fiscale è stato subito accolto l’invito di costituire una commissione di Governatori del Pdl del Sud e del Nord per discuterne nel merito e promuovere uno studio. Si è dimostrato così che proposte ragionevoli vengono prese in considerazione senza alcun preconcetto e pone l’interrogativo se, per raggiungere lo scopo, non sarebbe bastato un semplice incontro.
E’ possibile che la tattica di Fini parta da lontano, da quando ha prima detto no all’annuncio del predellino per poi, dopo poco tempo, aderirvi senza porre condizioni; forse già allora scegliendo di combattere Berlusconi dall’interno.
Tattica esplicitata nel tifare contro il Pdl alle regionali. Pure alla mancata presentazione della lista del partito a Roma non è detto che le frange ex aennine siano estranee in quanto a responsabilità, come non lo sono – si è appena detto – per il problema politico in Sicilia. Le picconate contro la Lega e contro Berlusconi sembra abbiano come obiettivo quello di indebolire Pdl e Governo, dentro e fuori.
Fini si è costruito un habitat che lo rende inattaccabile: ha i suoi organi di stampa per poter portare avanti la sua azione devastatrice e una carica non sfiduciabile che gli garantisce ampia visibilità.
Anche le sue parole all’indirizzo di Bondi: «Adesso in Parlamento ci saranno scintille», dimostrano le sue bellicose intenzioni e sicuramente continuerà ad usare la terza carica dello Stato per fare politica attiva.
Quello che non potrà più fare è millantare numeri e consensi che non gli appartengono. Alla votazione del documento della Direzione solo undici (tredici secondo i finiani) si sono schierati con il Presidente della Camera.
Berlusconi e la maggioranza del Pdl hanno preso però delle contromisure e nel documento di fine lavoro della Direzione si legge : «I temi che non rientrano nel programma elettorale e di governo possono essere invece oggetto di dibattito e di discussione nell’ambito degli organismi statutari. Non vi è nulla di negativo se in quella sede emergono opinioni diverse. Purché sia chiaro a tutti che il principio della democraticità del dibattito non esonera dalla responsabilità di assumere decisioni finali. E che una volta che tali decisioni siano state assunte, all’unanimità o a maggioranza, esse acquistano carattere vincolante per chiunque faccia parte del Pdl, sia che le abbia condivise, sia che si sia espresso in dissenso.»
Sarà anche la fine dell’unanimismo, come ha dichiarato Fini, certo è che d’ora in poi dovrà fare molta più attenzione a misurare le parole.
Pubblicato su Freedom24
23 aprile 2010