Certe persone possono tutto, intendo che possono dire ogni cosa, senza creare scandalo alcuno.
Il calcio è spesso usato come parodia del Paese, si ricorre ad immagini del gioco del pallone usandole come aforismi per le situazioni più disparate. Il giornalismo ne abusa: “Il tal politico entra a gamba tesa nella discussione…”, “In zona Cesarini passa l’emendamento…”, ecc. Personalmente non mi piacciono. Le trovo banali, scontate, troppo nazional-popolari. Certo non mi levano il sonno, provocano soltanto un fastidio estetico.
Diverso e più irritante è quando si sconfina dagli argomenti del calcio per parlare di politica. E’ sleale. Si usa un tema sportivo – e la sua portata mediatica – per inserirvi un giudizio politico. Scorretto quanto ricorrere all’uso di messaggi subliminali.
Maestro in questo è Oliviero Beha. In una sua video-rubrica, al TG3, dove dava opinioni sugli episodi del campionato italiano, non perdeva occasione per attaccare Berlusconi. Una ossessione. Dal Milan al Governo, spesso con connessioni logiche improbabili, tirate per i capelli. Attinenza zero.
Nessun stupore. Beha è uno “duro e puro”, uno che scrive sul “Fatto Quotidiano”, che ha appena pubblicato un libro dal titolo: “Dopo di lui, il diluvio”, dove “lui”, ovviamente, è Silvio Berlusconi. Un personaggio che, come tanti, si arricchisce con il banale antiberlusconismo.
Mi difendo cambiando canale.
Ma mica si può essere sempre tempestivi. Soprattutto quando si parla di calcio, un contesto nel quale la politica, o giudizi storici, nulla hanno a che vedere con questo.
L’altro giorno mi ha fatto balzare dalla sedia un intervento di Maurizio Costanzo, nel dopo o nel pre-partita dei mondiali di calcio. Dopo il passaggio di un servizio video ad un gruppo di tifosi tedeschi, giustamente entusiasti del comportamento della loro nazionale fin qui dimostrato, è esordito con un commento che mi è sembrato semplicemente fuori luogo, decontestualizzato ed offensivo per tutto il popolo teutonico: “Quando sento i tedeschi cantare in coro mi vengono sempre i brividi…”
Che senso ha avuto esprimere un simile pensiero, mettendo in relazione cori e orrori di quasi settant’anni fa, con una innocente festa dello sport di oggi? Non solo detti cori e contesti sono agli antipodi, ma queste parole denotano una convinzione evidentemente dura a morire.
Ovvero che la colpa nazista sia stata la colpa non dei nazisti, ma del popolo tedesco tutto. Quasi una macchia genetica, contenente in sé la minaccia che simili orrori possano ripetersi. Non per follia umana – e come tale cittadina di ogni latitudine – ma per esclusiva peculiarità e propensione di un popolo.
E’ un ragionamento ideologico e razzista. Spero solo nessun tedesco abbia udito queste parole, nel qual caso mi scuso io per lui.
Sappiamo bene che i figli nulla hanno a che vedere con le colpe dei padri e comunque, tutto questo, niente ha a che fare con una partita di pallone. Purtroppo, oltre ad avere una nazionale che ha giocato male ed è stata giustamente eliminata dal torneo (così è il calcio), abbiamo anche qualche opinionista sportivo e non, che occupa uno spazio in video in virtù non del suo acume, ma della sua ideologia. Che Costanzo non sappia parlare (infatti più che parlare biascica, mangiandosi le parole) e neppure pensare (visto quanto affermato), è secondario: tutto gli è concesso. E’ un icona del giornalismo televisivo, indubbiamente con molti meriti, però trascorsi.
Ragionamenti di tal fatta dovrebbero indicare che è giunto il tempo di un ricambio generazionale, non solo per allenatore e giocatori della nazionale, ma anche per certi opinionisti i quali lascerebbero un miglior ricordo se si ritirassero a vita privata.
Pubblicato su Freedom24
29 giugno 2010