Recentemente su Fredoom24 è ritornata di moda l’antica accusa, quella riferita al fatto che non meriteremmo di chiamarci con questo nome in quanto saremmo di parte. E’ stato pubblicato un articolo di Guido Fallica – che ho letto con piacere e al quale porgo il mio migliore benvenuto, sperando di rileggerlo ancora – intitolato “Quale libertà d’informazione?”, con relativa replica del Direttore Andrea di Bella. In soldoni, si potrebbe pure dire di assistere a degli “avvoltoi antidemocratici” su Freedom24. E fra questi non c’è di certo Fallica. Ma andiamo al sodo.
E’ mia opinione che non bisogna fare confusione tra informazione ed opinione. L’informazione è quella fatta dai giornalisti con inchieste, raccogliendo le notizie sul territorio con i supporti delle agenzie, ecc.
Ad essi è richiesto separare i fatti dalle opinioni, raccontare fedelmente quanto accaduto, rispettare la regola della 5W.
Noi tutti di Freedom24, al pari di molti altri blogger ai quali potremmo essere equiparati, non ci consideriamo giornalisti professionisti. Siamo, piuttosto, opinionisti. E le nostre fonti sono esattamente quelle di chi, commentando o meno, ci segue su queste pagine: stampa, TV, radio e ovviamente internet.
Freedom24 è libera, assolutamente e totalmente libera da ogni tipo di condizionamento esterno. Non esiste una proprietà e non c’è alcuna ingerenza politica sulla linea editoriale. Questo è il senso di Freedom24, ed è il massimo che si possa pretendere da una pagina che si dichiara libera già nel nome.
Ciò non significa che tutti noi non siamo – a diversi gradi – appassionati di politica. Né più né meno di quanto lo siate Voi lettori. Pretendere che le nostre convinzioni e le nostre opinioni non siano leggibili e riconducibili ad un’area politica piuttosto che ad un’altra è un dono che non abbiamo e credo non appartenga a nessuno.
Questo intento utopico è stato tentato molte volte nella storia dell’informazione, ovviamente con scarsi successi. Si pensi ad uno dei più autorevoli quotidiani italiani, “Il Corriere della Sera”. Ebbene, non è forse vero che ci fu un editoriale a firma Paolo Mieli, quando ne era alla direzione, che si dichiarò apertamente in favore di Romano Prodi e in piena campagna elettorale?
Personalmente continuo a considerarlo egualmente uno dei migliori quotidiani italiani e pure tra quelli più obiettivi. Questo perché sulle sue pagine scrivono firme prestigiosissime, dalle diverse sensibilità.
Il “Corrierone” non era solo Paolo Mieli, come oggi non è solo Ferruccio De Bortoli, ma è formato da tanti bravi giornalisti, ognuno con la propria sensibilità.
Ancora un esempio, questa volta estero. Prendete il “The Economist” e leggetelo. Forse alcuni si sorprenderanno di non trovarvi neppure una firma su nessun pezzo, nemmeno una. Eppure, nonostante questo escamotage teso a non condizionare il lettore neppure con l’influenza di un nome non solo racconta la politica, ma spesso “fa” politica.
Ogni notizia rilanciata da queste pagine è scelta perché ritenuta significativa. Tutte le fonti sono autorevoli e degne di rispetto. Da “Il Giornale” a “Il Fatto Quotidiano”, passando da “La Repubblica” per arrivare a “Libero” e via discorrendo. E’ fisiologico che anche nella proposta di queste abbiamo le nostre preferenze, consce o meno. Ad un lettore di centro-destra, per esempio, verrà il magone a leggere Travaglio; mentre ad uno di centro-sinistra verrà la bile leggendo Feltri. I casi sono due: o il lettore, sapendo questo legge comunque, o non legge. Ma se si sceglie di leggere un autore non gradito, non si può successivamente arrabbiarsi e insultare Gomez o Belpietro. Denota scarsa maturità intellettuale e politica, spirito antidemocratico e comportamento da ultras.
Certamente si possono confutare le nostre opinioni, o semplicemente non concordare, ma arrabbiarsi perché leggete in queste un orientamento politico è bambinesco. L’opinione politica non dovrebbe essere motivo di disprezzo, ma di confronto.
In senso più ampio, certamente non vincolato soltanto alla nostra pagina, la riduzione ossessiva di ogni argomento pro o contro il Cavaliere è limitante. Impedisce di entrare nel merito del problema, di pensare liberamente, senza condizionamenti di alcun tipo. Impresa affatto semplice, e noi ci proviamo.
Fatelo pure Voi, seguendo l’esempio di Guido Fallica.
Pubblicato su Freedom24
12 luglio 2010