Rutelli esce dall’oblio e non trova nulla di meglio che rilanciare il dimenticato tormentone della riforma elettorale. Curiosamente, mentre il mondo procede spedito, l’Italia sembra ferma nel tempo, cristallizzata nei soliti problemi di sempre. Incapace di decidere quale regole darsi.
La proposta di Alleanza per l’Italia si rifà al modello tedesco, e maggiori dettagli verranno annunciati nei prossimi giorni. Sembra certo conterrà uno sbarramento del 5% e probabilmente prevederà un ritorno al proporzionale. E’ il primo passo politico, concreto e palese, che sancirebbe la nascita del cosiddetto “terzo polo”, accreditato da un sondaggio di Ipr Marketing addirittura al 22%. Della nuova armata farebbero parte, oltre a Francesco Rutelli, anche Gianfranco Fini insieme a Pierferdinando Casini, Raffaele Lombardo e Luca Cordero di Montezemolo.
La legge elettorale in vigore ha molti detrattori ed è stata battezzata da Giovanni Sartori con il denominativo “Porcellum”, termine da tutti riconosciuto, utilizzato ed entrato nel linguaggio corrente. La principale critica riguarda l’assenza della possibilità di esprimere un voto di preferenza. Per tre quarti l’assegnazione dei seggi è maggioritaria, i rimanenti vengono ripartiti – con un sistema proporzionale corretto – alle coalizioni. Viene assegnato un premio di maggioranza ed esiste uno sbarramento.
Nel 2005, all’epoca delle polemiche sulla presentazione di detta legge, questa avrebbe dovuto risolvere due problemi: semplificare il panorama politico indirizzandolo verso un bipolarismo – sopprimendo con lo sbarramento cespugli e cespuglietti – e, tramite il premio di maggioranza, permettere alla coalizione vincente di ottenere numeri tali da garantirle un’agevole governabilità.
E così è stato. Sopravvissuta a ben tre referendum abrogativi, la ritengo migliore della precedente, detta “Mattarellum”. Una legge né carne né pesce che, come tutte le cose troppo complesse, si prestava a facili inganni, quali le liste civetta.
Sul voto di preferenza è necessario fare alcune considerazioni. E’ da molti considerato un falso problema, essendo proprio dei sistemi elettorali proporzionali, mentre nei sistemi maggioritari non sarebbe necessario, in quanto tutti gli esponenti appartenenti alla coalizione vengono eletti. Ove presente non ha garantito maggior libertà di decisione da parte dell’elettore in quanto le liste sono sempre state espressione del partito d’appartenenza. Non solo, ma ha pure prodotto anomalie, dato che spesso si è ricorsi alla candidatura di personaggi già noti a vario titolo, creando una specie di franchising della politica. Vennero – e vengono – così eletti giornalisti, imprenditori, sportivi, personaggi del mondo dello spettacolo. Si pensi a Riccardo Illy, per esempio, con effetti sull’efficacia e sui costi di governo (regionale, nella fattispecie) assolutamente devastanti.
Il rischio maggiore delle preferenze rimane l’incremento di spesa per le campagne elettorali che potrebbe portare a forti legami con i finanziatori delle stesse, i quali passerebbero successivamente all’incasso. Viceversa, la nomina di partito dovrebbe essere (notare il condizionale) garanzia di coerenza alla linea politica.
Indipendentemente dal tipo di sistema elettorale adottato, quello che più conta sarebbe la partecipazione attiva dei cittadini alla vita della polis. A tutti i livelli. Sono i partiti che dovrebbero coinvolgere i cittadini a discutere, a partecipare e, soprattutto, decidere della soluzione dei problemi di territorio e società. Ciò potrebbe essere attuato attraverso circoscrizioni, assemblee, internet e ogni altro sistema di aggregazione. Non intendo la forma-partito della Prima Repubblica, dispensatrice di clientele e cacciatrice di tessere, ci mancherebbe. Ma il ricorso ad una forma di democrazia allargata, dove le primarie potrebbero essere lo strumento di sintesi più completo, da ricorrervi non solo per i vertici di partito, ma anche per scegliere chi dovrà ricoprire incarichi minori. L’intento sarebbe quello di far prevalere la meritocrazia delle competenze e delle idee come metro di scelta.
Ogni buona intenzione ha però come principale nemico l’antipolitica i cui rappresentanti, ritirandosi sull’aventino per schifo, delusione e chissà che altro, rifiutano di partecipare alla vita pubblica, al voto e alle idee. Passivamente subiscono le decisioni altrui lamentandosi pure non siano efficaci o condivisibili, ma non fanno nulla per cercare di cambiare lo stato delle cose. Incapaci di immaginare la società che verrà, di lottare per migliorarla, seduti a guardare il mondo che scorre davanti ai loro occhi, aspettando e sperando in chissà quale Godot.
Pubblicato su Freedom24
16 luglio 2010