Era il 9 dicembre 2007 quando Fini dichiarò: «Comportarsi come sta facendo Berlusconi non ha niente a che fare con il teatrino della politica: significa essere alle comiche finali. Sia chiaro che non esiste alcuna possibilità che An si sciolga e confluisca nel nuovo partito di Berlusconi». Fu una reazione al “discorso del predellino”, pronunciato da Silvio Berlusconi a p.zza S. Babila a Milano, che preannunciava la nascita di quel partito seguentemente battezzato dagli stessi elettori “Popolo della Libertà”. In data 8 febbraio 2008 AN si scioglierà invece nel PDL.
Questo il clima di certo non idilliaco che ha sancito la nascita del PDL. Una insoddisfazione, quella di Fini, che parte da lontano e che tra alti e bassi si è trascinata fino ai giorni nostri. Più bassi che alti a dir il vero, dove le prime vere picconate a Berlusconi iniziarono in Sicilia, con gli scissionisti miccicheiani e finiani che, con colpo di mano, estromisero i lealisti dal governo regionale e ne fecero nascere un altro, comprendente anche esponenti del PD. Era il novembre del 2009. Poco dopo – dicembre 2009 – fu un microfono aperto a registrare una conversazione tra Fini e il magistrato Nicola Trifuoggi. Un fuori onda che diffuse delle dichiarazioni di Fini su Berlusconi a dir poco velenose.
Saltuari dissensi continuarono alternati da periodi di calma apparente, fino a giungere alla minaccia di Fini di costituire propri ed autonomi gruppi parlamentari. In questo clima, preceduto dal duro scontro tra Urso, Bocchino e Lupi durante il talk-show “L’Ultima parola” di Gianluigi Paragone, si arrivò al famoso scontro – mediatico prima che politico – della Direzione Nazionale di aprile.
La tattica da guerriglia continua tutt’ora e, mentre non si sono ancora placate le polemiche innescate dalle dichiarazioni di Granata che hanno chiamato in causa il sottosegretario Alfredo Mantovano, arriva la retromarcia di Fini: “Dico a Berlusconi, resettiamo tutto senza risentimenti e fermiamo le tifoserie”. Tifoserie in buona parte aizzate da Fini stesso. Si pensi a FareFuturo o al Secolo D’Italia, per esempio. Veri e propri templi dell’antiberlusconismo, professionisti del dissenso.
Offerta di tregua – Berlusconi dixit – “arrivata troppo tardi, fuori tempo massimo”. Per questa sera all’ufficio della presidenza è attesa la discussione di un documento di censura che potrebbe mettere fuori dal partito Italo Bocchino, Carmelo Briguglio, Fabio Granata, oltre allo stesso Gianfranco Fini.
Sarebbe la fine di una anomalia che ha causato mal di fegato a mezz’Italia e che ha distratto stampa, opinione pubblica, energie e risorse verso un “teatrino della politica” di cui obiettivamente ne avremmo fatto a meno.
Perché una cosa è certa, a sfrondare la ramaglia delle provocatorie dichiarazioni finiane, cosa rimane? Quali contenuti politici, quali proposte, quali ideali? Ben poco. La laicità dello Stato, l’eutanasia e altri temi etici, il voto agli immigrati, la questione morale, la lotta alle mafie. Complimenti! Una bella fiera delle banalità.
Sono temi – in particolare i due ultimi – da largo consumo, non per niente da sempre bandiere dei vari Travaglio, Grillo, Di Pietro, ecc, i quali attingono a piene mani a questo mercato del facile consenso ricorrendo alla retorica delle ovvietà.
Forse la battaglia non finirà questa sera, però è possibile – di certo auspicabile – che lo scontro assuma altri contorni, limitando il raggio d’azione di chi fa opposizione pur dagli scranni della maggioranza. Finirebbe così un ciclo rappresentato dalle intemerate di Fini & C. e dalle conseguenti – un po’ vili – ritirate.
Dalle comiche finali alla fine delle comiche.
Pubblicato su Freedom24
29 luglio 2010