Il caso del sottosegretario alla giustizia Giacomo Caliendo assume un significato che trascende gli aspetti di cronaca, divenendo una prova di forza tra finiani e pidiellini. Passaggio delicato quello della sfiducia al sottosegretario in discussione mercoledì, l’irrigidimento dei fronti lo ha trasformato in una votazione di fiducia al Governo, dove la posizione dei fuoriusciti finiani viene guardata con estrema attenzione.
La vicenda in sé è a dir poco spiacevole, riguarda la cosiddetta P3 e il coinvolgimento di personaggi illustri quali Verdini, Dell’Utri, Flavio Carboni, giudici della consulta e appalti per impianti di produzione di energia eolica. Il buon senso vorrebbe che non ci si scandalizzi se alcuni di questi personaggi abbiano discusso tra loro di avvicinare dei giudici del CSM per tirarli dalla loro parte. È costume italico, non loggia segreta. A metà tra millanteria, politica ed intrallazzo. Nel nostro Paese anche per andare dal medico ci si raccomanda, si telefona all’amico dell’amico per avere un occhio di riguardo. Per trovare un posto di lavoro si muovono padri, zii e parentame vario. È costume talmente radicato che pure un mio amico, viola puro e duro, ha fatto il medesimo percorso per essere assunto in una azienda parastatale. Quando gli ho fatto notare che detto comportamento non fosse molto dissimile da quello mafioso, non si è scandalizzato né offeso, ma ha fatto spallucce, affermando che doveva trovare un posto di lavoro.
La morale è pubblica ma il privato è in deroga.
Le clientele non nascono con la DC, ma con gli antichi romani, forse per questo sono così radicate nel tessuto connettivo del nostro Paese ed investono ogni livello: scuola, università, politica, finanza, affari, mondo del lavoro, cooperative rosse e bianche e mondo dell’informazione. La meritocrazia non esiste, tutto gira grazie all’amico dell’amico, a favori da chiedere e da dare. Vogliamo fare gli ipocriti e arrestare, grazie alla legge Anselmi, tutta l’Italia?
Troppo pochi sono quelli che a questo sistema cercano di ribellarsi, non solo pubblicamente, ma soprattutto con coerenza di comportamento nel privato. Tutti o quasi cedono alle proprie convenienze.
Quanto accaduto non è però possibile liquidare come normale costume italico. Flavio Carboni ha la patente di faccendiere non da oggi e Denis Verdini non è l’uomo che cadde sulla terra ieri.
Sarebbe quindi auspicabile si affronti la sfiducia a Caliendo nel migliore dei modi, ma subito dopo sarebbe veramente un bel segnale se Caliendo stesso, in compagnia di Verdini, facessero un bel passo indietro.
Pubblicato su Freedom24
3 agosto 2010
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