IL SONNO DELLA POLITICA

Quello attualmente in carica più che un governo sembra un confessionale. Incontri semi-clandestini, ministri e sottosegretari che ricevono parlamentari su appuntamento, in riservata sede come dal dottore, vis-à-vis. “Mi dica, cosa si sente? la pressione fiscale alta? Purtroppo è l’effetto della cura. Non passerà. Ormai la malattia è cronica, dovrà imparare a conviverci. Ah, non è questo che la preoccupa, comprendo: trattasi di attacchi di panico per possibile riduzione di emolumenti e vitalizi. Ma no, non si preoccupi è una fobia immotivata. Eppoi con la Costituzione che si ritrova è in una Buvette di ferro, non tema. Vada in Parlamento e ci dorma sopra.”

La politica è scomparsa dal pubblico dibattito. Come un fiume carsico si è inabissata e non si sa dove e quando riemergerà. I giornali sono pieni di indiscrezioni, dietrologie, futurologie, ma dalla pubblica piazza è sparito il discutere intorno alle decisioni che contano: quelle che riguardano il Paese. Qui e là compaiono sopravvissuti brandelli di articoli di bandiera, quelli che vanno a caccia delle porcate negli schieramenti altrui, vere o verosimili che siano. Alcol per le tribù. La politica, quella vera, quella che si ripercuote sulla collettività arriva per decreto, a cose fatte. Frutto di udienze private, nel rispetto dei landmarks.

In realtà mai come ora le commissioni sono in fibrillazione, lavorando a ritmi forsennati* come fucine di fabbri in tempi di guerra. Dai maggiori partiti solo timidi messaggi per le masse, dichiarazioni di dissenso appena accennato, disarmate giustificazioni per causa di forza maggiore, mentre nell’ombra delle officine i mantici soffiano a pieno ritmo. Nulla è cambiato, come in commissione lavoro, dove pure gli esponenti della Lega Nord e dell’Idv hanno diligentemente continuato ad operare e hanno contribuito a scrivere la riforma delle pensioni, mentre Bossi e Di Pietro strillavano e strepitavano contro.

Questo governo fa comodo a tutti: c’è un’emergenza da affrontare e la politica ha innalzato bandiera bianca. Difficile immaginare il dopo-Monti. Tanti affermano nulla sarà come prima, ma per il momento non si intravede alcun mutamento costruttivo di scenario. Se si andasse al voto domani nessuno saprebbe indicare coalizioni e alleanze. C’è quindi il rischio – limitato ma concreto – che si possa ritornare alle urne alla cieca, come nella prima repubblica, limitandosi a votare un partito che poi valuterà a Camere elette possibili intese.

Non solo è assente la politica, occultata nei palazzi momentaneamente concessi in comodato d’uso, ma manca pure – ed è più grave – la metapolitica, intesa non come metafisica della politica, ma più prosaicamente come discussione su quali regole darsi. Perché è indubbio che il sistema non funzioni e che sarebbe quanto mai necessario vada riscritto in molte sue parti. Non è solo un problema di periodo festivo – è una discussione assente dalle pubbliche agende da molto tempo – e per iniziare non c’è bisogno di attendere la decisione della Consulta sul referendum della legge elettorale, passaggio delicato ed importante, ma non esaustivo. Il dibattito non può limitarsi ad affrontare il nodo delle nomine o delle preferenze, ma dovrebbe introdurre un ripensamento più ampio del funzionamento delle istituzioni, affrontando temi come l’abolizione del bicameralismo perfetto, l’elezione diretta del capo dello Stato, la riforma in chiave presidenziale o il rafforzamento dei poteri del Premier. Nell’epoca di Internet non possiamo attendere anni per l’approvazione di un disegno di legge. L’ampio ricorso alla decretazione – strumento emergenziale per definizione – è un chiaro sintomo della vetustà del sistema.

Su questo fronte nulla sembra ancora muoversi e quel poco che accade parte dalla fine e non dal principio. Mi riferisco alle varie alleanze-laboratorio neomilazziste che qui e lì affiorano tra Pd e Pdl. Perché se è legittimo, logico, addirittura auspicabile che schieramenti contrapposti si confrontino per decidere regole comuni, è invece disarmante veder sorgere anomale consorterie per occuparsi di mera, banale, ordinaria amministrazione locale.

La convivenza forzata sotto l’egida di Monti dovrebbe sfociare in qualcosa di ben più alto, lungimirante e profittevole che non la spartizione di qualche poltroncina comunale. Altrimenti sarà tempo perso e i guai che ci hanno precipitato in questa situazione si ripresenteranno. Immutati e irrisolti.

* La Commissione Lavori pubblici e privati ha lavorato fino al 21 dicembre e riprenderà l’attività al 10 di gennaio.

Paolo Visnoviz, 5 gennaio 2012
Pubblicato su:
Zona di frontiera (Facebook) – zonadifrontiera.org (Sito Web)
Legnostorto – 6 gennaio 2012

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