Da Malindi ha osservato divertito le piccole, inutili, inconcludenti zuffe all’interno del Pdl. “Volete costruire un partito? Volete le primarie? Fate, fate pure.” Ma è bastato non accompagnare il fare, facendo resistenza passiva, lasciando il bastimento senza guida, per riuscire a trasformare Angelino Alfano in un perfetto idiota e il Pdl in un fuoco d’artificio.
Facile così ritornare sulla scena da protagonista, unico vero leader, primo nano tra i nani della sua stessa corte, salvandoli dalle loro vuote derive parolaie. “Non siete riusciti a combinare nulla!, eccomi costretto a ritornare. Senza di me siete niente.” Assolutamente vero, anche perché l’unico che poteva trasformare delle opinioni in regole, creando così una alternativa ad una guida carismatica, se ne è disinteressato.
Non è molto importante sapere se Berlusconi abbia deciso di ridiscendere in campo per evitare le primarie o le penitenziarie, ormai è ritornato e come l’Imu – che nessuno vuole – toccherà pagare e subire, subire e pagare. Non tutti sono avviliti: a “Repubblica” e al “Fatto Quotidiano” pare abbiano stappato lo spumante; Benigni pensa di cambiare titolo, da “La più bella del mondo” a “Il più puzzone del mondo”; Saviano parla di “voto di scambio”, salvo accorgersi che avrebbe dovuto scriverne almeno dopo le elezioni, non prima.
In questa fase storica, dominata da una crisi economica senza precedenti, figlia del totale smarrimento di valori identitari, sociali, culturali, ideali e filosofici ci avviamo stancamente, come bestie al macello, verso una campagna elettorale che vedrà maggiori protagonisti Bersani, Grillo, Berlusconi, Casini e forse pure un Monti che, inferocito per il recente calcio nel sedere ricevuto, finirà nelle braccia di Montezumolo, l’ottavo nano. Peggio non si sarebbe potuto immaginare.
Nel frattempo l’Italia muore. Chiudono bottega gli artigiani, le fabbriche, crollano interi settori produttivi. Dietro le saracinesche abbassate si scrivono drammatiche storie di licenziamenti, pignoramenti, di Equitalia, suicidi e, per i più fortunati, di emigrazione.
Le sole attività che crescono, aprono e si diffondono sono i “compro oro” e le sale per le slot machines. Non producono nulla, sono esercizi parassitari, avvoltoi che sbranano quel poco che rimane della carcassa del cadavere. Il mercato si polarizza automaticamente verso le possibili e più probabili fonti di guadagno. Come allo stato non rimane altro che aggredire i patrimoni (ogni e qualsiasi proprietà: abitazioni, veicoli, titoli, conti correnti, ecc.), così anche le attività private si muovono verso l’ultima fonte di possibile ricchezza di questo paese: i risparmi, i piccoli e piccolissimi patrimoni costituiti dai mucchietti d’oro accumulati dalle famiglie nel tempo.
Significa che in Italia non si produce più nulla, non si crea reddito né tanto meno ricchezza. Allora l’ultima possibilità è quella di entrare nelle case, come fanno i ladri, per sottrarre i poveri risparmi nascosti sotto il materasso, per chi il materasso ancora ce l’ha. È il fondo del barile, nella sorda indifferenza di milioni di pubblici stipendiati, ai quali fa comodo credere che il problema della crisi sia l’evasione fiscale.
In Russia fecero la rivoluzione, e con i fucili sottrassero le terre ai kulaki. Oggi, con l’arma dell’anti-ideologia (la più potente delle ideologie), stanno facendo la stessa identica cosa: siamo tutti in-kulaki.
Tutti i contendenti della campagna elettorale ci racconteranno che ci sono precise colpe e che hanno le giuste soluzioni e miracolose ricette. Passata la sbornia mediatico-elettorale avremo un nuovo governo – destra o sinistra, tecnico o meno – e dopo qualche tempo, quando ci guarderemo indietro, non sapremo distinguere quando c’è stato in Italia un governo Prodi, Berlusconi, Monti o Bersani. Tutti eguali, indistinti. Tutti lontani dai problemi della gente, incapaci di decidere alcunché. Tutti appiattiti sulla stessa linea politica, decisa a Bruxelles, dietro a qualche monitor di qualche potente lobbies finanziaria.
L’Italia non esiste più. Da tempo. Non ci salveranno certamente questi tacchini in commedia, in competizione solo per dimostrare chi è il migliore nel farci diventare ubbidienti sudditi della Troika.
Tanto varrebbe mandare a casa tutte le istituzioni – dal presidente della Repubblica, al Senato; dal Parlamento alle Regioni, Provincie incluse -, sostituendole con un commissario europeo. Un podestà straniero, esecutore testamentario, esattamente come fu Monti, solo senza le inutili, bizantine strutture di contorno. Risaneremmo di colpo deficit e debito pubblico, per la felicità, se non nostra, almeno della Merkel.
Paolo Visnoviz, 9 dicembre 2012
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