BARBIERE

E’ soggettivo, alcuni sono vanesi, altri meno. Tendenzialmente lo si è di più verso i vent’anni. Io li ho passati da un pezzo, ne conto quarantasei: un tempo si diceva l’età migliore. Se così fosse, figuriamoci il futuro. I miei anni migliori furono quelli intorno ai trentacinque.

Come tanti di voi ho una donna e, pur andando d’amore e d’accordo su praticamente tutto, su un punto non siamo in sintonia: i capelli.
Per me è un fattore meramente pratico, che significa taglio a zero, tecnicamente 5 mm. Bellissimo! Esci dalla doccia e con lo stesso asciugamano che usi per il resto hai già fatto tutto il lavoro.
Da un punto di vista economico è una pacchia: 10 Euro dal mio barbiere. Questo è un tipo strano, il classico rionale, con riviste d’automobili, quotidiani e alcuni mensili un po’ più osé. Cose d’altri tempi, insomma.
Si chiacchiera, lui mi chiede sempre dei viaggi che ho fatto e di quelli che farò; sa il fatto suo, mi fa parlare: dieci minuti in cui ti senti protagonista.
L’unica avvertenza è quella di non arrivare mai dopo le undici del mattino: di solito, dopo quell’orario, il suo stato alcolico è tale per cui il prodotto finale potrebbe essere simile alla capigliatura di uno sioux. Proprio per non rischiare preferisco usi un rasoio elettrico, piuttosto che le forbici.
Ciò nonostante ci vado lo stesso, mi è simpatico e se, anche con il rasoio mi fa comunque qualche “buco”, pazienza.

La mia donna s’incazza a morte.
Lei va a farsi i capelli ogni santa settimana, il giovedì: “Altrimenti potrebbe vedersi la ricrescita”.
Non discuto: meglio la parrucchiera ogni settimana che la guerra civile.
Non comprende la mia indifferenza al senso estetico nei riguardi della mia persona. Eppure ho spiegato molte volte: “Io mi vedo ogni mattino, quando mi faccio la barba. E’ un momento difficile, però breve, riesco a superarlo. Per il resto della giornata mi vedranno gli altri. E’ un loro problema, non mio.”
Quando dico così, non mi dice nulla, però si vede che le ribolle il sangue.
Di solito la dinamica è questa: taglio a zero, incazzatura di lei che dura un paio di giorni, progressiva ricrescita, capelli troppo lunghi da asciugare solo con la salvietta, io sulla soglia con i capelli ancora bagnati ma vestito e pronto per uscire, lei che mi acchiappa con il phon in mano: “Così non uscirai!”.
Ovviamente “così” non sono mai uscito.
Subisco rassegnato come la mia cagnolina, un westie di nome Cindy, quando lei la spazzola.
Nessuna pietà per lei. Nessuna pietà per me.

Resisto per qualche settimana, poi con fare circospetto affermo: “Dovrò andare dal barbiere…” – Lei “Si, ma non tagliarteli come l’ultima volta!” – Io: “Come vorresti che li tagliassi?” – Lei: “Non così corti, almeno un centimetro e mezzo!” – Io: “Cinque millimetri!” – Lei: “Uno!” – Io: “Ok, uno. Fatta!”
Il giorno decisivo era oggi. Non mi sopportavo più, i capelli che arrivano negli occhi, lo svegliarsi al mattino e prendere veramente paura mentre mi guardavo allo specchio; “Ok, oggi lo faccio. Me li taglio”, mi dissi questa mattina.
Andai dal barbiere, quello solito, quello rionale. Chiacchierammo dei viaggi fatti e di quelli da fare e mi dimenticai di dirgli di posizionare il rasoio a centimetri uno. Risultato?
Come sempre. Centimetri zero virgola cinque, praticamente nudo.

Ecco perché, a quest’ora, sono ancora in negozio a raccontarvi queste scemenze.

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