Vicissitudini recenti mi hanno spinto a chiedermi cosa stia succedendo nel Pdl in Sicilia. La situazione è a dir poco sconfortante, caotica e arida. Quello che colpisce è l’assenza di struttura politica, evidenziata dalla mancanza di coordinatori. Il sito ufficiale www.pdl.it, nella sezione “coordinamenti – Sicilia”, dichiara questa vacanza ben dal 16 aprile 2009. I compiti di supplenza sono affidati all’on. Giuseppe Castiglione e all’on. Domenica Nania, con la qualifica di “co coordinatori”. Una qualifica che sembra una balbuzie; impossibile, per decenza, da apporre su un biglietto da visita.
La loro nomina è impedita da una profonda frattura tra “lealisti” e “scissionisti”. Facile identificare i primi nelle figure del Presidente del Senato Renato Schifani e il Gurdasigilli Angelino Alfano. Altrettanto facile riconoscere i secondi, il cui nome più rappresentativo corrisponde all’on. Gianfranco Miccichè. Lo strappo definitivo avviene il 3 di novembre 2009 quando, in seno all’Assemblea Regionale Siciliana, viene a formarsi un nuovo gruppo di quindici deputati con il riferimento alla «leadership indiscussa di Silvio Berlusconi e l’ispirazione politica e culturale di Gianfranco Fini». Nasce il Pdl Sicilia.
Dall’intervista del Corriere di quella data, l’on. Miccichè respinge “qualunque ipotesi di collaborazione con il Pd”. Puntuale, dopo poco più di un mese la smentita: fuori due “lealisti”, in giunta entrano Mario Centorrino e Carmelo Russo, entrambi vicini all’area PD. La situazione si complica sempre più e in questa intervista il vice Presidente della regione siciliana Michele Cimino, sbarra la strada a delle nomine “lealiste” per i coordinatori, ma contemporaneamente afferma: “siamo dalla parte di Berlusconi e sappiamo di avere il suo appoggio”.
Carlo Vizzini, nel frattempo, ha chiesto ai vertici romani, senza nulla ottenere, d’impedire che i miccicheiani usino il simbolo del Pdl e il richiamo a Berlusconi. In un articolo sul suo blog, Miccichè spiega le ragioni del suo disagio scrivendo, di fatto, un inno alla defunta Forza Italia e un j’accuse alla Lega e alla componente aennina, colpevoli di fare man bassa di poltrone.
Fin qui la cronaca.
Anche un bambino sa che, fin quando ci si riconosce all’interno di un partito, si lotta per le proprie convinzioni, mediando per arrivare a delle sintesi. Quando i punti di rottura sono troppi si esce e, nel caso si fondi un altro movimento, si sceglie nome e simbolo diversi. In questo caso no: non si vogliono seguire le linee-guida del coordinamento centrale; ma nel contempo non si vuole rinunciare neanche agli ovvi benefici d’immagine. Su Facebook nascono immediatamente, i “PDL Sicilia network“, fondati dalla sig.ra Costanza Castello, aggiungendo confusione su confusione.
Ovviamente non si può mettere sullo stesso piano il movimento di Miccichè con fenomeni goffi e parassitari sorti in Internet che si rifanno al Presidente Berlusconi o al Pdl. Mi pare inutile entrare nel merito dell’opportunità o meno che il gruppo di Miccichè usi nome e simbolo ufficiali: questo scontro e i suoi tentativi di ricomposizione sono sicuramente, da tempo, in mano a chi di dovere. Ciò non impedisce di rilevare che la situazione sembri sfuggita di mano e che sia mancata una presa di posizione netta, che dirima l’argomento del contendere e che la si attenda tutt’ora.
Affrontando la situazione in modo più ampio e generale si può affermare che la proliferazione di questi movimenti, seri o meno, di “concorso esterno in Pdl”, lascino quanto meno perplessi. Se da un lato indicano la furbesca volontà di sfruttare il forte traino elettorale innescato dal Presidente del Consiglio, dall’altro significa che ampie zone di attivismo politico non si riconoscono o non riescono ad essere assorbite nella politica “ortodossa” e centralistica del Pdl. Questi movimenti, più o meno spontanei, più o meno in buona fede, non hanno senso d’esistere: essi, infatti, fanno politica alimentando il culto della personalità, idolatrando Berlusconi. Quando questi mancasse, il movimento stesso non avrebbe più senso d’essere. Purtroppo la politica italiana tutta non è messa meglio e, mancasse Berlusconi, sarebbe la fine del bipolarismo e ci troveremmo invasi da decine di esegeti, ognuno d’essi unici veri interpreti del Silvio-pensiero, con tanto di immaginetta al seguito.
La politica però non la si fa con i santini, ma con il coraggio delle proprie idee.
Ripensando, con preoccupazione, alla situazione della politica non solo siciliana ma di tutto il Sud, mi sembra evidente che non si riesca ancora a maturare un pensiero che esca dalle logiche dell’assistenzialismo; che ripensi il Meridione in modo nuovo, autonomo e che guardi al Nord come ad un suo pari e non come ad un suo tutore. In questo sbaglia anche Miccichè, perché l’impossibilità o l’assenza di coraggio di camminare con le sue gambe, con nome e simboli propri, dimostra l’incapacità di pensare una Sicilia governata dai siciliani, che non significa indipendentismo o secessione, ma dignità inter pares.
Intanto il Pdl, quello vero, sembra incapace di governare se stesso; invoca pazienza e aspetta il partito che verrà. In questo modo, perdere pezzi per strada è inevitabile.
Pubblicato su Freedom24
15 Gennaio 2010