A volte mi sembra che questo Paese impazzisca dietro a questioni di scarsa rilevanza. Mi riferisco al documento che proverebbe la riconducibilità a Giancarlo Tulliani della società di Santa Lucia, proprietaria dell’appartamento monegasco. Tutta la vicenda mi sembra incredibile. In primo luogo è inverosimile che una società di un paradiso fiscale riporti nome e cognome del suo intestatario, che addirittura un Ministro della Giustizia di quel Paese si premuri di darne notizia e, cosa più comica di tutte, che qualcuno telefoni ad una trasmissione italiana, quale Annozero, per far intendere di essersi rifugiato in Svizzera in quanto Santa Lucia sarebbe invasa da agenti segreti, finti turisti libici, italiani e russi. Ma tant’è il balletto continua. Patacca sì, patacca no. Rappresentazione stucchevole e ridondante, l’ho già scritto e lo ribadisco: inutili tecnicismi. Qual’è il corpus delicti? L’appartamento di Montecarlo. Chi ne usufruisce? Giancarlo Tulliani. Nulla è più necessario e sufficiente di questo per stabilire i confini dell’operazione, le responsabilità e i giudizi politici che se ne possono trarre.
La goffaggine di tutta la vicenda è a dir poco imbarazzante. Società estere, paradisi fiscali e complicate transazioni, tutto per depistare eventuali ricostruzioni e responsabilità, mentre la vicenda si risolve, sfrondandola di tutte le balle, in una targhetta sul campanello dell’abitazione con sopra il nome di Tulliani. Questo rende evidente che la residenza da An è finita nelle disponibilità di Giancarlo Tulliani, cognato di Gianfranco Fini. Se di mezzo ci fossero state altre mille società e mille proprietari, il risultato non cambierebbe di una virgola. Imbarazzo compreso.
Per quale motivo l’appartamento non sia stato venduto sul mercato e con il suo ricavato ne fosse stato comperato un altro, è solo parte di questo dilettantismo che accompagna tutta la vicenda.
La proprietà o meno delle società è solo una foglia di fico che alcuni vorrebbero strappare e altri cercano disperatamente di evitare cada, ma nulla cambia all’evidenza dell’operazione compiuta: si tratta di semplice, banale, italico familismo. Più fastidioso che mai in quanto operato da chi del moralismo ne ha fatto bandiera e argomento di lotta politica.
24 settembre 2010