LIETI E SPENSIERATI

Il Web sta esultando alla notizia della condanna in primo grado a Silvio Berlusconi. Finalmente l’odiato nano – molti dicono – ha avuto quello che si meritava; i futurini sognano addirittura di vederlo in galera.

Fossi in loro sarei preoccupato, invece. L’enorme visibilità ottenuta è stata per la guerra di Fini a Berlusconi, mica per le loro assenti idee. Una contrapposizione disinnescata dalla rinuncia dell’ex premier stesso a candidarsi.

La recente condanna e gli altri processi pendenti sono stati così ricondotti nell’alveo di vicende che si riferiscono ad un uomo privo di cariche pubbliche, alle quali nemmeno ambisce. Proprio per questo ora più libero, quindi pericoloso.

I futurini brindano, si danno vicendevolmente ragione e celebrano una vittoria di Pirro. Sono stati il motore primo del comunque inevitabile disfacimento del Pdl, ma non ne stanno raccogliendo i frutti. Infatti, dell’emorragia di voti del Pdl non una goccia viene raccolta dai seguaci di Fini. Non solo, ma lontanissime sembrano pure le lusinghiere cifre regalate loro dai sondaggi all’epoca delle prime fratture, ridimensionate oggi a poco più del 2%. Una inezia: numeri da partiti clandestini, extraparlamentari o estremisti.

È il prezzo che paga un’area politica che non ha saputo produrre nulla di credibile e propositivo e che verrà punita dagli elettori perché si è addossata l’infamia del tradimento. E anche se il tradito fosse Barabba in persona, da chi porta il marchio di Giuda ci si tiene lontani.

Con sfumature diverse, medesimo ragionamento si può fare per Casini. Area politica anacronistica, neo-DC, che nulla ha guadagnato dal disfacimento del Pdl e che probabilmente offrirà riparo a Gianfranco Fini e a qualche decina di piccoli capetti futurini, salvo ritenere utili altre convenienze.

Berlusconi sarà ricordato per aver costruito un popolo di centro-destra, Fini per averlo dissolto. Brindino pure, oggi. Siano lieti e spensierati, godendo meschinamente delle disgrazie altrui. Incoscienti festeggiano sulla loro tomba. A marzo sarà pronta.

Paolo Visnoviz, 27 ottobre 2012
Zona di frontiera (Facebook) – zonadifrontiera.org (Sito Web)

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BRICIOLE – di Paolo Visnoviz

Mai come oggi il panorama politico è stato così confuso, tale da sembrare nulla più d’un fastidioso cicaleccio all’ombra di Monti. Nel centro-destra è agghiacciante l’incapacità non solo di costruire un percorso, ma addirittura di pensarlo.

Si continua a considerare la politica non come capacità di produrre idee e soluzioni per il governo di una società, ma come un banchetto conviviale dove invitare più ospiti possibili, con la spartizione del potere come unico collante. Non ha funzionato in passato con un Pdl forte – vedi Casini, Fini, Micciché – tanto meno funzionerà adesso, con un partito ridotto ai minimi termini.

Per anni abbiamo avvisato dei problemi legati alla guida carismatica, non perché fossimo particolarmente previdenti o intelligenti, ma semplicemente perché abbiamo letto Max Weber (1864 – 1920). Per anni abbiamo abbaiato alla luna, sollecitando la costruzione di una vero partito mentre Berlusconi, dopo aver inventato un popolo di centro-destra, faceva da parafulmine. Invano.

All’inizio, in piena epoca “mani pulite”, era impossibile anche solo pensarlo, in quanto si consideravano i partiti il male della società, poi è prevalsa la consuetudine. Quando i primi scricchiolii divennero evidenti – richiamando l’impellenza di una organizzazione plurale, democratica, meritocratica, strutturata fin dalle sue radici -, ad attutire la realtà hanno contribuito i tanti lacchè, interessati adulatori, di cui Berlusconi era circondato. L’assenza di gerarchie e di una chiara catena di comando ha fatto sì che il sistema andasse in corto circuito e fosse incapace di sopperire con una struttura forte ed organizzata al progressivo indebolimento fisico ed intellettuale del suo leader.

Non lo si è compreso allora, non lo si sta comprendendo ora. Alfano dichiara con disarmante semplicità che ci saranno le primarie solo se (a cinque mesi dalle elezioni?) non si candiderà Berlusconi e che nel frattempo, attendendo i risultati delle elezioni in Sicilia, metterà in piedi una nuova squadra di partito. Deciderà lui. Evidentemente non sempre gli errori lasciano in eredità almeno la consolatoria impressione di essere riusciti ad insegnare qualcosa.

Si è perso molto tempo inutilmente, quando lo si poteva impiegare più proficuamente per cercare di costruire un movimento strutturato dal basso, partecipato, con al centro le idee nate dal confronto dei molti attivisti. Invece è rimasta solo una (piccola) scatola vuota, dei leader senza seguito che cercano disperatamente qualche formula alchemica da usare per fini di marketing politico.

Sul fronte opposto, le cose, pur con mille difficoltà, vanno certamente meglio e il dibattito che si è scatenato attorno alle primarie fa sì che giustamente tutti i riflettori siano accesi sul Pd. Grasso che cola, mentre nel centro-destra “buca” solo la Santanché. Già questo dovrebbe dare la misura del deserto delle idee imperante, dello sbandamento e dell’annichilimento dilaganti in quello che fino a poco tempo fa era il primo partito d’Italia. Un partito che si muove alla cieca, guidato non da obiettivi chiari, ma da sondaggi farlocchi (i sondaggi lo sono sempre).

Veramente qualcuno crede che Cinquestelle possa ottenere il 21% dei consensi? Non siate sciocchi! Molti di quelli che partecipano ai sondaggi sputano il nome di Grillo con rabbia, per vendicarsi delle delusioni patite, per spirito di rivalsa e frustrazione, ma al momento di scegliere veramente non voteranno mai per Grillo. Piuttosto, in mancanza di alternativa, se ne staranno a casa. Ma una alternativa ancora non c’è, a meno di non considerare alternativa l’elitario “Fermare il declino” di Oscar Giannino. Un po’ poco per fermare il Pd, figuriamoci il declino.

Allo stato attuale, con una riforma elettorale mai nata, e che se vedrà la luce sarà cucita su misura per cercare di limitare al massimo ogni possibile ricambio, ci si avvicina velocemente a delle elezioni che consegneranno il Paese all’ingovernabilità: il miglior viatico per un altro Goldman Sachs alla presidenza del Consiglio e un Mario Monti presidente della Repubblica. E gli altri, tutti gli altri, grilli compresi, in percentuali variabili ed insignificanti, combatteranno a morte per le sole briciole. Le loro, non le nostre.

Paolo Visnoviz, 22 ottobre 2012
Zona di frontiera (Facebook) – zonadifrontiera.org (Sito Web)

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LA LUCE IN FONDO AL TUNNEL

Finché Atahualpa – o qualche altro Dio – non ti dica “scànsate ninjo, che continuo io”.
(Paolo Conte)

Dopo lungo tempo si intravede finalmente una luce in fondo al tunnel, dice Mario Monti. C’è da credergli, non è un puzzone qualsiasi, come quello lì, quello di prima (nemmeno voglio nominarlo). E in effetti, a ben guardare, forse ha ragione. La Fiat non investirà più in Italia, almeno fino a quando la crisi non passerà (ma forse a Marchionne non è balenato per la testa che se la crisi passasse, la gente acquisterebbe Mercedes, non Fiat.). Intanto sta facendo faville in Brasile, dove ha trovato governanti più ottimisti o forse solo un po’ più creduloni e sempliciotti cui spillare quattrini. D’altronde è il Paese che ha creduto alle balle di Cesare Battisti. Prima o poi se ne accorgeranno e ci rispediranno indietro una marea di Maree, un pluriomicida e forse pure Marchionne. Ma fino a quel dì, se si prendessero pure la Camusso e Landini, sarebbe perfetto. Accontentiamoci di esserci tolti di torno un criminale, che da noi sarebbe già in permesso-premio per buona condotta, con tanto di rubrica chic su qualche quotidiano radical; meglio quindi che se ne stia sulla Praia de Copacabana, piuttosto che al Lido di Ostia. Ci siamo levati dalle scatole pure una macchina di merda, che per venderla non bastava più nemmeno invocare la carità di Patria e che abbiamo sempre pagato almeno tre volte: dal concessionario, dal meccanico per le infinite riparazioni, e con i pubblici finanziamenti, casse integrazioni, varie ed eventuali.

Anche in Rai ci sono prospettive di miglioramento, ma bisogna ringraziare La 7 per questo. Infatti la fuga di geni – che alcuni paventavano avrebbe ridotto sul lastrico la Tv di Stato – si è sgonfiata notevolmente. Sbarcati in pompa magna su La 7, messi alla prova e immediatamente cacciati a pedate. E tanti saluti a Serena Dandini e Sabina Guzzanti. Plùffete, giù dalla torre (senza nessuno a denunciare diktat di regime). Per gli altri, la Tv di Telekom fungerà da zoo monotematico, brodo di coltura del pensiero unico: ai soliti Gad Lerner e Lilli Gruber si affiancherà pure Michele Santoro. Immaginiamo la gioia di Corrado Formigli, che sarà costretto a ridimensionare il suo spazio. Benissimo, esiste il telecomando e non sono in gioco pubblici denari. Auguri, di cuore (dire “merda” pare brutto).

Santoro ha veramente una marcia in più. Continua a chiedere soldini sul Web per portare avanti Servizio Pubblico, programma che poi venderà, “chiavi in mano”, a La 7. Bravissimo!, mica è facile farsi pagare da qualcuno per un lavoro già venduto ad altri. Santoro ci riesce perfettamente, e innegabilmente sta costruendo un nuovo modello di televisione, dove l’informazione a carattere meramente scandalistico e sensazionalistico viene contrabbandata come giornalismo scomodo e d’inchiesta (basti ricordare le puntate incentrate su Ruby o con ospiti quali D’Addario o ancora le numerose presenze di Ciancimino jr. con fumosi teoremi, oscure trame e pizzini rivelatisi bufale conclamate e per le quali il conduttore mai ha dato rettifica.).

In pratica, con Santoro, assistiamo ad una mutazione della figura del giornalista televisivo, dove l’informazione viene esasperata nel suo aspetto di prodotto commerciale, strillata per far dimenticare che manca qualche “w”, ma è il conduttore stesso ad essere mercanzia, al centro dell’attenzione, apparentemente sempre in lotta contro il potere, qualunque esso sia. Necessario numero da illusionista per nascondere un banale meccanismo di wannamarchizzazione di se stesso. Articolo di risulta che ha sempre bisogno di nemici e minacce per poter funzionare, diversamente si sgonfierebbe sotto la borghese normalità delle sue stesse opinioni.

Ma, appunto – e chiudo -, Santoro fuori dalla Rai è indubbiamente un miglioramento. Dopo lungo tempo si intravede finalmente una luce in fondo al tunnel, dice Mario Monti. C’è da credergli, non è un puzzone qualsiasi, come quello lì, ma il resto alle prossime puntate.

Paolo Visnoviz, 23 settembre 2012
Zona di frontiera (Facebook) – zonadifrontiera.org (Sito Web)

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