“EUROPEE 2014, GUARDA COSA SUCCEDE”

In attesa degli 80 euro di Renzi, i dipietrini propongo 100 euro per le partite iva, Silvio vorrebbe dare 1000 euro a casalinghe e pensionati, mentre tutti gli altri potranno confidare sul reddito di cittadinanza. Ovvero, problema lavoro risolto, nel senso che non ci sarà più bisogno di lavorare. Ecco quindi assumere un senso le politiche industriali ed economiche di questo Paese dell’ultimo decennio almeno: Ilva, Fiat e circa altre 111mila aziende chiuse nel solo 2013. Fatica sprecata, sarà lo Stato a pensare per tutti.

europee_2014_guarda_cosa_succede

In questa campagna elettorale è sparita la Lega, ad eccezion fatta di Salvini: Tosi, Zaia, Cota al quale hanno scippato il Piemonte senza colpo ferire, e soprattutto Maroni. Che fine ha fatto il Bruto lombardo? Silenzio di tomba. Forse lo hanno rinchiuso per sbaglio in qualche magazzino dell’Expo e non lo troveranno fino al giorno dell’inaugurazione, se mai ci sarà, manette permettendo.

Il Cav, unico ad aver fatto delle politiche a favore dell’Italia, lo hanno liquidato proprio per quello, con l’aiuto di gente come Fini, Napolitano e altre nutrite fila che, in un Paese normale, sarebbero per lo meno da tempo al confino per alto tradimento. Da noi no. Anche perché di quanto andava ad accadere se ne sono accorti in molti, quasi tutti, tranne il depoltronizzato. Invece di fare il diavolo a quattro e ritirare l’intero partito dal Parlamento, andare alle elezioni, salire in montagna, darsi alla macchia, mettere il falqui nei pentoloni delle cucine di palazzo Madama, sostenne Monti, poi Letta ora Renzi, salvo ricredersi una volta aiutati a raggiungere la presidenza del Consiglio. Solo adesso, dopo aver sentito Friedman, Geithner e mezzo mondo, Silvio organizza le truppe di villa Gernetto per rispondere al tentativo di Golpe. Quello ormai riuscito, ma si sa, ad una certa età i riflessi non sono prontissimi.

Grillo nel frattempo non sta sbagliando nulla e ha impestato il web di articoli grillini. L’informazione ufficiale si preoccupa di dare risalto al solo blog di Grillo, quello ufficiale, ma non si sono mai accorti che tzetze.it (un collettore di contenuti), lafucina.it (un blog d’informazione) e centinaia d’altri sono tutti targati Casaleggio. Una vera invasione. Facile identificarli, basta il titolo, sono tutti del tenore “C’è la Boschi da Vespa, e guardate che succede”, “La Moretti va al comizio e guardate cosa accade”. Non sperate che inseguendo quei link – capitati per caso nella vostra mail o ricercando su Google gli ultimi avvistamenti di Ufo – vedrete qualche filmatino porno, no. Ben che vada vi troverete il faccino di un Di Maio delirante. Non c’è ggiovane che non sia coinvolto: il web è grillino. E quei figli e nipoti faranno da agit prop domestici, convincendo padri, madri, nonni. Pure Antonio Palmieri, responsabile internet di Forza Italia, se potesse darebbe in gestione i suoi dormienti, inutili, disabitati siti di “Forza Silvio” et similia a Gianroberto. Nelle piazze Grillo spopola e a fine comizio c’è sempre qualche disperato che lo avvicina, piange sulla sua spalla raccontandogli i suoi guai e si consola, manco abbracciasse papa Francesco. Contro un guru cosa pretendete facciano Razzi, Scillipoti o un Gianluca Buonanno?

Grillo non lo fermate più, anche perché mezzo Pd non vede l’ora di passare per le armi Renzi. Avete forse visto la Bindi, D’Alema, Bersani, Cuperlo o la Finocchiaro? No, sono in un sottoscala di Botteghe Oscure a complottare, felici di aver infiltrato Moretti, Bonafè e Picierno nell’Happy Days di Renzi. Sono così simpatiche che ogni volta che aprono bocca il Pd perde centinaia di voti. C’è da sperare vengano elette e spariscano in pellegrinaggio tra Bruxelles e Strasburgo, a lungo. A tutto ciò bisogna sommare l’intempestività di Renzi, che ha preso palazzo Chigi con almeno un mese di anticipo ed ora si ritrova impaludato esattamente come tutti i suoi predecessori.

Chi rimane? La sinistra del Corrierone, unita a Sel che ha subappaltato le elezioni a Tsipras; la famiglia Addams, dove Crosetto sopporta rigurgiti degni del miglior Fronte della Gioventù per segreto amore della Meloni (altra spiegazione non può esserci); e i liberali per Tabacci.

E tutti questi s’incazzano pure se affermi di non riuscire proprio ad andare a votare, e ti addossano le colpe passate, presenti, future di come stia andando il Paese, l’Europa, la Galassia. Il voto utile. Sì, come lavanda gastrica.

Share
Pubblicato in politica & società | Lascia un commento

SULLA STRADA

«Una macchina veloce, l’orizzonte lontano e una donna da amare alla fine della strada.» Questo era il mito degli anni ’60, rimbalzato in mutevoli declinazioni fino alla sua morte – perché i miti, per essere veramente tali, devono morire –, avvenuta quando? Forse a cavallo degli anni ’90 o giù di lì. La citazione di Jack Kerouac sarebbe perfetta se non ci fosse quella “fine della strada”, perché il mito si nutriva della strada in sé, del viaggio in quanto strumento di conoscenza, della sperimentazione, della benzina e della benzedrina. Ma la fine della strada invece è arrivata, eccome. Lasciando un vuoto enorme.

sulla_strada

Dagli anni ’60 fino a poco più di un ventennio fa, questo sogno, l’idea del viaggio, dell’asfalto come sinonimo di libertà è stato anche il lievito di una forza economica che ha prodotto ricchezza per intere generazioni in tutta la società occidentale: l’automobile. Mezzo di locomozione, ma anche strumento d’indipendenza, reale o potenziale poco importava. Oggetto imprescindibile nella vita di ognuno, prioritaria necessità da conquistare prima della casa. Non solo strumento meccanico, ma prodotto culturale. Da Gioventù bruciata ai Blues Brothers a La febbre del sabato sera a Thelma e Louise e in milioni di altri film, con infinite sfumature diverse, l’automobile è stata centrale.

La crisi economica è anche e soprattutto la crisi del comparto automobilistico. L’Italia senza la Fiat, nell’ultima metà del secolo scorso, sarebbe stata impensabile e nessuno avrebbe permesso, all’ora, se ne andasse alla chetichella. Oggi non importa più a nessuno, se non a quelle migliaia di lavoratori del comparto ancora superstiti. Il sogno della strada, del viaggio per il mondo che è, innanzi tutto, un viaggio dentro l’umanità varia, dentro sé stessi, è stato soppiantato, quando ancora c’è, dai voli last minute. Delle rapide catapulte che impediscono di perdere se stessi per ritrovarsi negli altri; non più stupefatti viaggiatori, spesso con mete pretestuose, ma ciechi pendolari dai minuti calcolati in itinerari prevedibili. Londra diviene così un luna park della periferia di Milano, con nebbie dello stesso sapore. Tutto quello che sta in mezzo, il mondo, viene così perduto.

Non è stata l’automobile, ma l’idea che dell’automobile avevamo a darci il benessere. Morto questo mito, non è stato sostituito da null’altro, lasciando solo il vuoto. Si è pensato di superare la crisi – di pensiero prima che economica – accorpando banche, industrie, Stati per fare massa critica, pensando che più grande significasse automaticamente essere più forti. Ne è uscita, troppo spesso, solo una babelica unione di deboli.

La fine del mito del viaggio in automobile, consumato tra asfalto e umanità raminga, è stato sostituito dall’idea antinomica della decrescita felice, del chilometro zero, del rinchiudersi nei propri localismi con la spesa fatta in iper-mercati mondializzati. Se i prodotti non hanno più bisogno di alcun Marco Polo, perché sono questi a venire da noi, nessuno può scoprire al posto nostro altri orizzonti, culture, popoli e quindi noi stessi. Questo abbiamo perduto.

L’uomo, per secoli, ha voluto spingersi sempre più in là, dalle Colonne d’Ercole fino alla Luna, quel 20 luglio del 1969, 45 anni fa. Poi il nulla; ma non per mancanza di nuove sfide. Il viaggio, la scoperta, la curiosità sono state sostituite dalla chiusura nel proprio mondo. Ce lo portiamo dietro, questo nostro piccolo mondo, anche quando andiamo in crociera, con navi in grado di trasportare interi borghi, per farci vedere luoghi dalla nostra stanza da letto, come in tv.

Non viaggiamo più, ma attraversiamo luoghi senza sentirne gli odori. L’automobile, allora come adesso, ha sempre quattro ruote, ma non è più un sogno. Ed oggi, ne sono certo, non c’è più nessun triestino che direbbe ad un amico, all’alba, «andiamo a prendere un caffè a Venezia», giusto per immaginarsi ancora liberi, vagabondi, per non arrendersi alla stanchezza e al buonsenso che impedisce di vivere, sentendosi un po’ idioti, ma felici di correre incontro al proprio piccolo ignoto. Ora, da un ponte sopra l’autostrada, guardando le macchine scorrere sotto, su quel nastro d’asfalto, nessuno pensa più che potrebbe portarci in ogni dove, anche dentro noi stessi.

Share
Pubblicato in politica & società | Lascia un commento

GENERAZIONI DI MEZZO

Sono generazioni di mezzo, quelle perdute. Avanguardie alcuni cinquantenni, e via via a crescere in numero i quarantenni, fino a divenire sterminata pletora i più giovani e vitali. Schiacciati tra la responsabilità dell’accudire vecchi genitori lamentosi e un futuro assente, senza prole alcuna che si possa, un giorno, occupar di loro. Stabilmente precari nel lavoro, nella vita e negli affetti. Buoni per rapporti di fortuna, scelti come compagni di una notte solo perché di meglio altro non c’è.

generazioni_di_mezzo

Attraversano nei loro sdruciti paltò da bancarella periferie di fabbriche sbarrate, girano in città dai molti negozi chiusi, mentre tanti di quelli ancora aperti vestono insegne bianche, senza nome, spente, con solo poche luci a risparmio energetico ancora accese. Testimonianze del non saper che altro fare. La resistenza per inerzia, per assenza di alternative, in attesa della fine, nell’incredulità di essere in trappola, senza nemmeno aver capito come possa essere accaduto.

Scomparsi i progetti, rimane l’angoscia per l’immediato domani, resistendo oggi perché ieri un po’ si è mangiato. Quello che si guadagna, il poco, quando riesce, viene spazzato via da società monopolistiche sempre più feroci ed impazienti, disposte a tagliare servizi essenziali appena dopo una bolletta non pagata, da tasse inique alle quali non si può sfuggire, da burocrazie bizantine.

Chi ha creduto nell’individualismo, nelle proprie capacità, nella propria voglia di fare, che fossero bastanti abnegazione, testardaggine, sudore e la propria testa per non morire di fame, ora è smarrito, alle corde. Perduto perché non riesce a leggere una società che pensava diversa, che avrebbe voluto altra. Trascina con sgomento il proprio destino, in solitudine.

Cerca di leggere sui volti degli altri la medesima sconfitta, lo stesso stupore di ritrovarsi incredibilmente paralitico, la stessa inutile fatica di non poter fare fatica alcuna, ma non trova nulla. Quelli come lui dissimulano, lo sa, perché anche lui dissimula, finché può, finché regge, fino a quando la rabbia resta più forte della rassegnazione. Popolo di senza speranza, fingendo la speranza non conti nulla, fingendo fosse chimera, invenzione letteraria.

Spesso incontra degli abitanti di altri pianeti, gente che lavora nel pubblico, gente che la crisi la conosce solo dai titoli sui giornali. Quasi tutti legati a partiti, tutti sistemati perché hanno leccato il culo giusto. Tutta gente che la rivoluzione l’hanno fatta a parole, dal ’68 in poi, ma solo per scherzo, ben sapendo che quel posto in Comune o in Regione rappresentava il loro orizzonte. Rivoluzionari con l’ambizione della mediocrità. Anche adesso continuano il gioco ipocrita, piangono i poveri immigrati che giungono sulle nostre coste, non discriminano gli zingari né minoranza alcuna, ma vicino a casa loro non li vogliono e il negro davanti al supermercato lo evitano perché dà fastidio: come si permette di chiedere l’elemosina a loro, proprio a loro che non sono razzisti? La mediocrità e il conformismo al potere. Hanno ammazzato tutto, ogni iniziativa, ogni spirito libero, ogni creatività con la loro pigritudine e con una semplice marca da bollo, chiesta senza nemmeno alzare gli occhi da dietro uno sportello.

Per strada non si può leggere il viso ai giovani dagli sguardi perennemente tuffati nello smartphone, dalle orecchie anestetizzate al mondo dalle cuffie. Isolati, disaggregati, soli nei bit, quindi già sconfitti, inconsapevolmente. Popolo senza ambizione, se non quella di entrare in Comune pure loro, mentre quel Comune dovrebbero bruciarlo. Credono in Grillo, dopo essersi fatti prendere per il culo, per anni, da Di Pietro, convinti di sapere perché leggono Travaglio (non tutto, per carità: costa fatica), guardano Anno Zero e, di nascosto, La Gabbia. Quando hanno un dubbio vanno sul Santo Blog. Come tanti bambini di Hamelin seguono il pifferaio che li sta conducendo al nulla, alle vuote parole, al rispetto delle Regole, della Costituzione. Al ni-ente, al non pensiero. Più fedele ed efficace alleato il Bilderberg non poteva trovare.

Quella Costituzione ci ha condotto qui. Quella Costituzione è quindi da bruciare. Sperando di riuscire, con quel falò, a fare quella poca necessaria luce a comprendere che non il nostro Paese, non l’Europa, non l’Occidente stanno morendo, ma è la Democrazia stessa che ha finito di essere.

Share
Pubblicato in politica & società | Lascia un commento