COGLIANINNO

La politica d’agosto mostra una certa rilassatezza, nonostante il periodo difficile. C’è la crisi e soprattutto, l’antipolitica: quindi bisogna dare l’impressione che si lavora, ma il clima ferragostano incombe. Trovano così spazio mediatico pitoni da città, in un numero tale che nemmeno in Africa hanno mai visto, pesci mangia-testicoli e Matteo Colaninno, che i testicoli invece li frantuma.

coglianinno

Dappertutto razzismo: 6 immigrati clandestini affogano nell’indifferenza dei turisti, che continuano a sbarcare sull’isola. Mi chiedo come mai, questi brutti porci insensibili, non si siano gettati a mare, suicidandosi, per solidarietà, pure loro. Manco lo sapevano? Non è una scusante: la legge non ammette l’ignoranza, eppoi l’ignoranza è finita, esaurita. Se la sono presa tutta i giornalisti. Una commessa valuta male una cliente, non riconoscendo Oprah Winfrey (svizzeri ignoranti, non hanno mai visto Scary Movie 4?) e non le fa vedere una borsetta. Detta commessa (e per estensione tutti gli svizzeri, anche se è italiana) viene bollata come razzista, invece che scema. La prossima volta che andrò alla posta e troverò il solito impiegato maleducato, arrogante, fancazzista e pure stronzo, dovrò ricordami di truccarmi da negro. Tanto un giornalista cretino lo si trova sempre.

Un ragazzino si suicida? Emarginato perché gay. A proposito: Vendola, Luxuria e la Concia devono essere in vacanza, e ben lontano per non aver notato alcuna fulminante loro dichiarazione, di quelle che ti fanno sentire in colpa di non essere culattone, al punto da tornare a casa con un occhio nero perché, per rimediare, hai cercato di baciare il primo uomo che ti passava accanto. Prendere nota per la prossima volta: evitare di provarci con gli scaricatori di porto. Non gliene frega nulla dei tuoi sensi di colpa. Nel frattempo scatta l’allarme sociale: bisogna approvare la legge contro l’omofobia, subito! Sommessamente proporrei anche una legge contro l’acne giovanile, i cicciobomba, e la misura media del pene, che in tutte le statistiche dovrà essere di 10 cm. La definizione di “tettona” sarà – per decreto – spettante a tutte le ragazze, anche se piatte. A tutte tranne che alle vere tettone, s’intende. Quelle saranno, d’ora in poi, definite “tettine”. Così da evitare ogni stress adolescenziale. Avessimo avuto politici così illuminati a cavallo tra ‘700 e ‘800, “I dolori del giovane Werther” sarebbe stato proibito, visto che alcuni giovani presero l’abitudine di suicidarsi con il libello di Goethe in tasca.

Ma su tutta queste amenità pre-ferragostane spicca in tutta la sua vacuità, Colaninno Jr. Al Tg non bucherebbe lo schermo neanche con un bazooka, le sue dichiarazioni seguono una consecutio logica che imbarazzerebbe qualsiasi insegnante di sostegno, il suo sguardo non brillerebbe d’intelligenza nemmeno se gli aprissero il cranio e gli mettessero dentro un faro alogeno, è così furbo che l’ispettore Cogliandro gli fa un baffo (da qui il titolo, che avevate capito?), ed è pure un po’ bruttino. Insomma, si vede che è un personaggio che si è fatto strada da sé, per merito, partendo da zero, lottando contro tutto e tutti. Perché certo il padre non conta nulla.

Nulla può aver influito sulla carriera del figlio il fatto che suo padre sia un fedelissimo di De Benedetti fin all’epoca della macellazione di Olivetti, nulla conta di certo la scalata a Telecom (con la benedizione del primo Governo D’Alema, il quale non esercitò la golden share) finita come tutti sappiamo: benissimo per Olivetti (vendette al doppio del valore reale), malissimo per i risparmiatori. Attraverso un’altra società il padre acquistò il motorino per il figlio (anche se ormai era un po’ cresciuto), nel senso che acquisì la Piaggio. Tutto il gruppo. Nel frattempo trovò pure il tempo di occuparsi di armamenti navali, cacciamine e motovedette, principalmente. Ma di questo Matteuccio si vergogna un po’ e non vuole che si sappia in giro (è pur sempre un pezzo grosso del Piddì, che diamine! Loro sono i “buoni”, quelli che la guerra non la fanno.). Nemmeno della condanna relativa al crac Italcase-Bagaglino ne parla volentieri, anche se, in secondo grado, suo padre andò assolto da ogni accusa: per certi giudici si possono affondare delle società a propria insaputa. Forse, ad essere proprio maligni, l’unico vantaggio per Matteo ad aver avuto un padre così, è lo sconto sui voli Alitalia, dove il matusa ricopre la carica di Presidente. Null’altro.

E per chiudere, l’ultimo problema italico: la possibilità che il testimone dei berluscones passi nelle mani di Marina. Apriti cielo! Dynasty!, orrore, una roba raccapricciante. Berlusconi, no, non si può difendere, anche per gente che si definisce liberale e di destra.

E allora il mononeuronale Matteo Colanninno ve lo meritate, eccome se ve lo meritate.

Paolo Visnoviz, 11 agosto 2013
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GIUDICI, UOMINI O CAPORALI

A margine di quanto recentemente accaduto, intendo le interviste rilasciate dal presidente della Sezione feriale della Cassazione, Antonio Esposito, c’è un aspetto che risulta agghiacciante e che risulta evidente dalle registrazioni divulgate da “Il Mattino”: la grave difficoltà di locuzione dell’alto funzionario.

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Non perché si sia espresso in forma dialettale, ma per la sua evidente difficoltà nel costruire delle frasi di senso compiuto e nella zoppicante costruzione grammaticale. È un aspetto che stride con il profilo di una figura istituzionale, che ci si aspetterebbe di altissimo livello – almeno sotto il profilo culturale -, quale dovrebbe essere quello di un giudice. Ad ascoltarlo, sembra il cretinetti della pubblicità che ha passato tutta la notte sul pc a cercare voli o alberghi, finendo per sproloquiare.

Purtroppo questo non fa pubblicità, non fa ridere, ma decide del corretto svolgimento di due gradi di giudizio, incidendo sulla libertà delle persone. E, di solito, uno che non sa parlare, non sa nemmeno leggere. Speriamo solo che la scelta di far pronunciare la sentenza a quel giudice sia stata casuale e non perché reputato il migliore dei cinque.

Da questa intervista però traspare un aspetto ben più grave. La Cassazione non dovrebbe entrare nel merito ai processi, ma solo verificare se siano stati svolti in modo corretto o meno. Dalle dichiarazioni del giudice (condanna confermata perché sapeva, non perché non poteva non sapere) ciò non sembra affatto. La Corte suprema di cassazione non giudica sul fatto, ma sul diritto: è giudice di legittimità. Qualcuno dovrebbe informare Esposito e qualcun altro dovrebbe prendere i dovuti provvedimenti del caso.

Certo, la riforma della giustizia è fondamentale; la separazione delle carriere, indispensabile. Ma il problema è più profondo. Il problema sono gli uomini, non le leggi.
Quando un Paese deve normare tutto, legiferare per regolamentare ogni aspetto della vita di una società, spingendosi a decidere cosa sia lecito o meno persino in campo etico o morale, ebbene, significa che gli uomini delle Istituzioni di quel Paese non fanno il loro dovere. Significa che troppi nascondono la testa nella sabbia, e quando dovrebbero alzare la voce, tacciono perché nessun codicillo obbliga loro di parlare, anche di fronte a palesi ingiustizie. Si chiama viltà.

Nessuna riforma (benché necessaria e auspicabile) potrà riportare la magistratura nel giusto alveo delle sue funzioni: sono gli uomini a dover agire. Ed oggi, il solo che potrebbe farlo è il presidente della Repubblica. È una funzione legittima e doverosa, non solo per la valenza del suo ruolo istituzionale primario, ma anche e soprattutto per il fatto di presiedere il Consiglio superiore della magistratura.

In altri tempi, un altro presidente, Francesco Cossiga, definì il Csm «ultima sacca di socialismo reale del nostro paese» e non esitò un istante a togliere la delega al vicepresidente per guidare lui stesso un plenum del Csm. Prima però chiamò il comandante dei carabinieri del Quirinale, ordinandogli di precederlo e di circondare con i suoi uomini il Palazzo dei Marescialli e di tenersi pronti a intervenire se, dopo il suo discorso, il Consiglio non avesse tolto dall’ordine del giorno argomenti di carattere politico, che esondavano dalle funzioni del Csm. Il caso – guarda un po’ – fu risolto subito, perché il vicepresidente, Giovanni Galloni, non permise la discussione.

Oggi, invece, dopo la sentenza politica del caso Mediaset, abbiamo un presidente della Repubblica che si è limitato a biascicare la sua indignazione ed irritazione con una semplice dichiarazione: «ed ora bisogna riformare la giustizia». Dichiarazione entrata da un orecchio e uscita dall’altro, che inoltre è suonata come beffa per chi ha subito vessazioni e persecuzioni ventennali.

E chi, di grazia, caro presidente Napolitano, dovrà fare questa riforma? Che facciamo, attendiamo il Messia? Dimostri rispetto per il suo ruolo, mostri coraggio – almeno per una volta -, prenda per le orecchie il giudice Esposito, lo porti davanti ad un Csm da Lei presieduto e lo sbatta a calci fuori dalla porta. Invalidi la sentenza di Cassazione e la rimetta ad altra sede, verificando – lei garante – che la scelta degli uomini che dovranno giudicare sia finalmente imparziale e di alto profilo.

Questo farebbe un uomo, piegando le leggi alla giustizia, non nascondendosi dietro ad esse, come fa un travet dell’ultimo ufficio pubblico perché non vuole prendersi alcuna responsabilità ed è troppo annoiato per alzare il culo dalla sedia.

Cazzo! Salga a bordo!, direbbe qualcuno. Scelga se essere un uomo o un caporale.

Paolo Visnoviz, 7 agosto 2013
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DISORIENTAMENTO

Il problema del Pdl non è quello di non saper competere nelle amministrative, ma di mancare completamente di una classe politica. A meno di non considerare Alemanno, Gasparri, La Russa, Santanché, Scajola, Cosentino, Bondi, ecc., la classe dirigente. Così fosse, per carità, si smetta di leggere ora, perché probabilmente sfugge alla comprensione la differenza tra “classe dirigente” e “classe digerente”.

disorientamento

Mancanza di struttura dirigenziale, si diceva, perché non si è mai voluto costruire un partito, e non lo si è voluto fare perché latita completamente la politica. Partito leggero, rapporto diretto del leader con i propri elettori, meno male che Silvio c’è, ecc.: tutte balle. Solo delle labili scuse alla mancanza di idee, alla capacità di progettare una società e un Paese nuovi. Tutti al traino di Silvio, con i voti in franchising. Prima o poi – procura o non procura, di certo per legge di natura – il Pdl potrà solo cantare meno male che Silvio c’era. È inevitabile. Nel frattempo, nulla avendo costruito, nulla resterà.

Il Pd è più o meno nella stessa situazione: poche idee e ben confuse. A differenza di quelli del Pdl però, esprimono l’assenza di pensiero in modo chiassoso. È così che nascono le risse: non perché si voglia difendere una convinzione, ma per non averne affatto. Alla fine della pugna nemmeno ricordano perché la battaglia sia iniziata: tutti al bar a festeggiare, tanto il voto di scambio funziona sempre. Intanto però, zitto zitto, un merito questo partito ce l’ha: quello di aver annichilito ogni suo alleato: da Rutelli a Di Pietro a Vendola. Da qui non passa Rodotà.

Grillo ha iniziato un declino tanto rapido quanto è stata veloce la sua crescita. Destino inevitabile per chi si è ritrovato a gestire gente di destra e di sinistra, senza riuscire ad unificarle in un disegno comune. Impegno ciclopico, ma unica via percorribile per evitare di ritornare nelle caverne (si fa per dire). Unica alternativa al continuare ad aizzare l’indignazione popolare, sollevando scandali. Strategia che l’ha portato nelle stanza del potere, ma che non è riuscito ad alimentare svelando qualche segreto di Palazzo come promesso. E già, perché i pescecani che pullulano il Transatlantico aspettavano Crimi o Lombardi per confidare loro intrallazzi e furberie. Ladri, mica fessi.

La crisi non è quindi solo di un partito, magari!, ma di tutta la classe dirigente in senso proprio: capitalistica, politica, culturale. Si sono smarrite (da tempo ormai) quelle élite capaci di guidare intellettualmente e moralmente la società, della quale però continuano a detenere un vuoto potere.

L’idea d’Europa nata con Altiero Spinelli, la demonizzazione delle identità nazionali, culturali, popolari, religiose ha prodotto una forza centrifuga inarrestabile che continua a disgregare la società e di conseguenza gli Stati. Bisogna ritornare a difendere gli antichi valori, per poter sperare di ritornare ad avere quel minimo di forza e determinazione necessari per far crescere la nostra terra, le nostre aziende, le nostre genti e le nostre famiglie. Non è fascismo, il fascismo era un metodo (sbagliato, dittatoriale), nemmeno retorica, qui si tratta di semplice buon senso. Quello che dovrebbe prendere il sopravvento, per semplice spirito di sopravvivenza, di fronte a catastrofi imminenti, come quella che ci sta precipitando addosso.

Invece chi governa si muove in direzioni opposte o non fa nulla, non hanno fatto nulla fino ad adesso, attendendo cada la procedura d’infrazione per eccesso di deficit, e continueranno a temporeggiare sperando cada la Merkel. E chi vive sperando…

Paolo Visnoviz, 28 maggio 2013
Zona di frontiera (Facebook) – zonadifrontiera.org (Sito Web)

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